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L’azienda sta iniziando a produrre (e rendere “pubblici” in varie forme) studi, strategie e piani destinati allo sviluppo e stabilizzazione dello Smart Working.

Qui avevamo parlato dell’avvio di un processo di riduzione delle postazioni disponibili nelle filiali oggetto di accorpamento collegato anche allo SW. E’ stata l’occasione per ribadire la necessità di un allargamento del ricorso allo SW anche per i colleghi della Rete che ne facciano richiesta, ai quali fino ad oggi è stato ingiustamente negato adducendo motivi organizzativi.

Qui avevamo parlato del progetto “Next Way of Working”, che – nelle dichiarazioni aziendali -, attraverso nuovo lay out, tecnologia, SW, e programmazione dell’attività / presenza vuole condurre a una nuova “cultura del lavoro”. In quell’occasione è stata sottolineata la preoccupazione per la salvaguardia delle esigenze e sensibilità individuali dei colleghi.

Oggi vogliamo condividere con voi un set di slide che sono il frutto della collaborazione ormai molto consolidata (ad esempio nel campo dello studio dei processi di apprendimento) dell’Innovation Center ISP con il laboratorio di Neuroscienze dell’IMT – Università di Lucca. L’argomento è sempre lo SW e anche se l’approccio è più teorico, le implicazioni pratiche posso essere enormi e non banali.

Noi abbiamo trovato molto interessanti alcune slide. In particolare:

  • La 15, che evidenzia un dato ovvio dal punto di vista empirico, ma che è bene venga certificato. Lo SW di fatto determina un incremento dell’orario di lavoro e un’estensione dei periodi lavorati.
  • La 16, che evidenzia il farsi strada di una percezione meno positiva se non addirittura negativa dello SW, nonché di un calo di produttività per ora lavorata (la produttività aumenta solo perché si lavora per più tempo e in modo non retribuito).
  • Il gruppo dalla 19 alla 21, che analizza il fenomeno del burn out (venir meno delle motivazioni e della soddisfazione) collegato direttamente allo SW.
  • La 23 che affronta il tema del workaholism (dipendenza patologica dal lavoro).
  • Il gruppo dalla 26 alla 32 che tratta dei possibili correttivi organizzativi che può mettere in campo l’azienda.
  • E infine il gruppo dalla 33 alla 35 che tratta dei possibili correttivi individuali che può mettere in campo il singolo smart worker.

Ora, è chiaro che siamo solo all’inizio di un processo di trasformazione e che l’impianto di queste slide risente appunto di un approccio strutturalmente teorico, ma alcune riflessioni vanno fatte fin da subito.

In particolare partendo dalla fine, ovvero dalla considerazione che le slide evidenziano e certificano una serie di problemi molto seri e complessi, ponendo la soluzione esclusivamente in capo alle scelte aziendali o ai correttivi individuali. A nostro giudizio si tratta di un approccio limitativo e potenzialmente pericoloso per i lavoratori.

Se le regole per il cambiamento le fa una sola delle parti in campo (peraltro quelle più strutturata), quelle regole saranno studiate a favore della parte che le ha fatte e le risposte individuali inevitabilmente saranno più deboli e meno funzionali alle esigenze dei singoli.

Fortunatamente, nel nostro settore partiamo con una base bella solida che limita le discrezionalità aziendali: il CCNL prevede chiaramente e inderogabilmente che lo SW debba essere attivato esclusivamente su base volontaria individuale. Questo non deve significare in alcun modo che l’unico modo per avere un orario certificato e sostenibile sia quello di rinunciare individualmente all’opportunità dello SW. Vuol dire piuttosto che l’azienda se vuole diffondere lo SW dovrà renderlo sostenibile (addirittura appetibile) per i lavoratori, visto che non potrà imporglielo.

E’ una base solida, ma di per sé non sufficiente a offrire tutte le garanzie che ci servono.

Infatti appena proviamo ad entrare nel merito della questione, ci accorgiamo che siamo subito di fronte a un dilemma: quanto vogliamo ingessare la fissità degli orari, anche nella loro distribuzione giornaliera e quanto vogliamo tentare la strada della flessibilità?

Nel primo caso depotenziamo le opportunità dello SW, di fatto avvicinandolo al telelavoro che si limita a trasportare dall’ufficio a casa le modalità e le rigidità dell’organizzazione del lavoro. È qualcosa che può essere anche appetibile individualmente (almeno per alcuni), ma bisogna aver ben presente i limiti (anche per il lavoratore) di questa scelta.

Nel secondo caso la flessibilità determina opportunità molto più ampie anche in tema di conciliazione dei propri tempi di vita, ma se fatto in modo deregolato apre la strada a un ampliamento potenzialmente senza limiti e senza riconoscimento dell’orario di fatto.

Questo dilemma è solo il primo dei problemi che si presentano nel momento in cui cambia strutturalmente l’approccio allo SW. Andando appena avanti, si presentano le questioni psicologiche, quelle economiche, perfino quelle più ampiamente sociali che sono trattate nelle slide che abbiamo condiviso.

Sono temi molto ampi e delicati e certo non possiamo permetterci che l’azienda se li gestisca da sola. Incominciare a parlarne e ragionarne insieme è importate. Crediamo infatti che l’importanza di questa partita richieda che se ne parli sempre di più e in tutte le sedi, per mettere al lavoro le nostre intelligenze individuali e collettive nella ricerca di una gestione favorevole della transizione in atto.

FISAC/CGIL Grattacielo Intesa Sanpaolo

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