Nel corso degli incontri che si sono tenuti il 13 dicembre e nella giornata di ieri con la Delegazione Aziendale di Relazioni Industriali, abbiamo posto all’azienda la problematica che riguarda le lavoratrici ed i lavoratori del Gruppo ISP che hanno la contribuzione previdenziale versata presso la gestione pensionistica ex Inpdap (ex Cpdel ecc…), in particolar modo provenienti da ex Banca Monte Parma e da ex Banca Nazionale delle Comunicazioni.
A causa delle decisioni che sta assumendo il Governo Meloni, che ha inserito all’interno della Legge di Bilancio attualmente in discussione in Parlamento una serie di interventi legislativi riguardanti le pensioni, si determina un peggioramento delle condizioni di accesso e dei trattamenti pensionistici futuri per un’ampia platea di lavoratrici e lavoratori; tra i vari provvedimenti ve ne è uno che ha introdotto una revisione delle aliquote di rendimento pensionistico per le gestioni pensionistiche ex Inpdap, per coloro che hanno meno di 15 anni di contribuzione al 31/12/1995, con effetto dal 1.1.2024, tale da determinare un taglio sull’importo del trattamento pensionistico che può arrivare fino a diverse centinaia di euro in meno al mese.
Come CGIL e FISAC CGIL stiamo contrastando questa iniziativa sbagliata e penalizzante del Governo attraverso un percorso di mobilitazione che ha già portato ad uno Sciopero Generale e valuteremo tutte le possibili iniziative vertenziali di tutela qualora diventasse provvedimento di legge definitivo.
Se questo provvedimento, come è più che probabile, entrasse in vigore (si saprà con certezza e se ne conosceranno tutti i dettagli definitivi solo dopo la votazione in Parlamento, nei prossimi giorni, della Legge di Bilancio), le negative conseguenze riguarderanno le colleghe e i colleghi ex Inpdap che hanno aderito agli accordi di esodo di Gruppo del 2020 e del 2021, sia coloro che sono già usciti in esodo e stanno percependo l’assegno di esodo in attesa di maturare il requisito pensionistico post 2024, sia coloro che sono ancora al lavoro e attendono di uscire in esodo o pensione.
Ci siamo attivati fin da subito con l’Azienda per valutare lo stato attuale della situazione al fine di verificare i possibili interventi a tutela delle colleghe e i colleghi interessati, consapevoli del fatto che sarà possibile valutare la situazione in modo compiuto e su presupposti definiti solo nei prossimi giorni, una volta che la normativa sarà formalmente approvata e diventerà Legge dello Stato.
Proprio per questa ragione abbiamo convenuto di incontrarci con l’azienda immediatamente dopo tale momento per approfondire tutti gli aspetti della complessa situazione ma, nello stesso tempo, abbiamo fin da subito richiesto e ottenuto da parte dell’Azienda che per coloro che non sono ancora usciti in esodo e la cui uscita sia prevista al 31.12.2023 sia possibile richiedere (in tempi rapidissimi, ovviamente) di posticipare l’uscita in esodo e l’accesso al Fondo di Solidarietà alla finestra successiva (prevista al 31.03.2024), al fine di soppesare al meglio le possibili ricadute sulla loro posizione individuale e richiedere eventualmente, anche la revoca dell’adesione.
Anche per tutte le altre colleghe e colleghi che hanno aderito all’esodo (accordo 16.11.2021) e la cui uscita sarà prevista nelle prossime finestre fissate in accordo, sarà garantita la stessa possibilità di revoca dell’adesione, avendo in ogni caso tempo nei prossimi mesi di valutare bene la situazione che si sarà nel frattempo definita dal punto di vista normativo.
Certamente da parte nostra, come FISAC CGIL, valuteremo tutte le possibili azioni e interventi, anche oltre il livello di Gruppo, per garantire la massima tutela per le colleghe e i colleghi interessati che sono inseriti nel percorso di esodo, in attesa anche di eventuali ulteriori azioni che come CGIL si valutasse di intraprendere.
Come FISAC CGIL con i nostri Rappresentanti Sindacali siamo come sempre a disposizione per informazioni e chiarimenti e per offrire la massima assistenza e supporto alle lavoratrici e ai lavoratori.
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Buon pomeriggio,
vorrei capire se questo provvedimento riguarda tutti gli iscritti ex-Inpdap aldilà del settore di provenienza o se riguarda solo il settore dei bancari.
La domanda è finalizzata a comprendere la platea delle persone coinvolte che si trovano nella casistica descritta, per poter individuare l’impatto e l’interesse mediatico che ne può derivare intraprendendo delle azioni collettive.
Sono una dipendente di provenienza ex-BNC, in uscita il prossimo 31.12.23, e se non ricordo male i dipendenti complessivi a livello nazionale della banca eravamo in tutto circa 1200 persone, quindi un numero veramente risibile in termini di potere contrattuale e anche in termini di risultato economico che si otterrebbe da un provvedimento del genere.
Inoltre vorrei avere chiarimenti circa l’eventuale richiesta di slittamento o rinuncia all’esodo.
In particolare qualora il provvedimento diventasse Legge, l’impatto economico che ne deriverebbe rimarrebbe valido anche nel caso in cui terminassi la mia attività non più da esodata nel 2023 ma da pensionata maturando il diritto alla pensione anticipata nel 2026?
Confidando in una ferma azione di contrasto in sede di governo e presso tutte le autorita’ e strutture coinvolte, resto in attesa di sollecito riscontro.
Grazie.
Emilia Fragomeno
Buongiorno Emilia,
il provvedimento oggetto della specifica comunicazione pubblicata il 15.12 riguarderà, con le previsioni che si potranno conoscere in modo preciso, dettagliato e ufficiale solo dopo l’approvazione della Legge di Bilancio tuttora in corso, coloro che sono iscritti, come posizione previdenziale, presso la gestione pensionistica ex Inpdap (non solo bancari) che si trovano nelle condizioni previste dalla norma.
La norma si riferisce più precisamente alla revisione delle aliquote di rendimento pensionistico per le gestioni pensionistiche ex Inpdap, per coloro che hanno meno di 15 anni di contribuzione al 31/12/1995, con possibili effetti importanti sulla misura dell’assegno di pensione.
Sarà possibile effettuare tutti gli approfondimenti e verificare in modo definito la situazione e l’impatto che la nuova normativa determinerà, verificando le singole posizioni individuali, quando la stessa sarà formalmente approvata e diventerà Legge dello Stato.
Proprio per questa ragione, per coloro che sono riguardati dalla questione e si trovano in una condizione di “uscita” imminente (al 31.12.2023), avendo aderito agli accordi sottoscritti in materia a livello di Gruppo nel 2020 e 2021, l’azienda si è resa disponibile ad un posticipo dell’uscita alla finestra successiva (cioè al 31.03.2024, senza perdere così la possibilità di poter “uscire” in tale successiva data), affinché abbiano il tempo per soppesare al meglio le possibili ricadute sulla loro posizione individuale e richiedere, eventualmente, anche la revoca dell’adesione dopo aver esaminato la questione che si sarà definita dal punto di vista normativo.
Chi si trovi in tale situazione deve comunicare la propria richiesta in tempi rapidissimi alla propria gestione del Personale di riferimento.
Consigliamo inoltre di mettersi in contatto anche con le strutture sindacali Fisac Cgil del territorio locale che potranno fornire tutte le ulteriori informazioni e, in caso di necessità, assistenza e supporto.
Buongiorno, capisco quanto risposto.
Ma vorrei porre l’attenzione su un altro aspetto.
Assunto che l’assegno di pensione sarà calcolato con la legge vigente al momento in cui si matura la pensione, nel mio caso ottobre 2026 finestra febbraio 2027, è importante capire la differenza dell’impatto sull’assegno di esodo uscendo a dicembre 2023 o viceversa a marzo 2024.
Approfondendo la questione ho trovato un emendamento alla Legge di Bilancio già approvato che così recita “All’emendamento 33.1000, lettera a), dopo il secondo periodo, inserire il seguente: “Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 non si applicano, ai soggetti che alla data del 3 1 dicembre 2023 siano in una delle condizioni di esodo attuate ai attuate ai sensi di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92”.
Pertanto emendamento potrebbe tutelare tutti i dipendenti ex Inpdap.
E’ importante approfondire nelle sedi competenti questo aspetto, perchè slittare al 31.03.2024 potrebbe essere un danno anzichè un vantaggio.
I tempi sono veramente ristretti, chiedo quindi cortesemente assistenza affinchè qualsiasi decisione sia presa consapevolmente.
Grazie.
La norma impatta anche sui dipendenti ex San Paolo di Torino?
Buongiorno Lilla Rosanna,
abbiamo specificato a chi si riferisce il provvedimento normativo oggetto della specifica comunicazione del 15.12 nella risposta al messaggio precedente.
In ogni caso, qualora si ravveda l’eventuale necessità di verificare specifiche situazioni individuali è possibile mettersi in contatto con le strutture Fisac CGIL del territorio locale per tutti gli approfondimenti del caso
Buongiorno,
ad oggi l’azienda non ha risposto a una mail di chiarimenti inoltrata alla struttura dedicata.
Da parte del Sindacato ho ricevuto diverse telefonate che sostanzialmente sottolineano che fino a quando la legge non è approvata non si può agire.
Ma io sottolineo nuovamente che prima di fare una scelta che mi porti a decidere se optare per uno slittamento alla possibile uscita al 31.3.2024 anziché al 31.12.2023, credo si legittimo chiedere dei chiarimenti.
Non si gioca a sorte su un argomento così importante.
La legge di bilancio arriva giusto alla vigilia dell’uscita, la legge non è stata ancora approvata, non se ne conoscono i contenuti definitivi, gli eventuali emendamenti, ne i particolari che possono regolare le possibili casistiche.
È ovvio per quanto detto che sono pienamente consapevole che al momento su questo fronte non posso pretendere delle risposte che siano delle certezze.
Ma all’alba del mio 39° anno di servizio dalla mia Azienda, che con lettera di encomio mi ringrazia per il contributo dato in questi anni, mi aspetto che traduca questi ringraziamenti in fatti, accompagnandomi in una scelta di vita.
E dal mio Sindacato tutte le azioni di tutela possibili.
Comunicarmi verbalmente di mandare una pec indicando la MIA decisione circa l’eventuale slittamento a marzo senza sapere ciò cosa comporti mi ricorda tanto l’atteggiamento di Ponzio Pilato.
Nella prima mail inviata chiedevo un aiuto in tal senso.
Essere dipendenti con sistema pensionistico ex-cpdel/ex- inpdap non è una colpa da pagare con trattamenti che creano disparità inaccettabili.
Assunto che nel 2020 ho aderito all’ esodo, pur non avendo per lo stesso motivo una proiezione di assegno straordinario di esodo e quindi di possibile pensione, confermata la volontà di aderire allo stesso anche alla luce degli aumenti contrattuali accordati, ritengo non accettabile che ancora una volta su mia iniziativa debba inoltrare una richiesta di slittamento dell’uscita solo per decidere con più tranquillità se confermare l’esodo o meno.
Dalla mia Azienda, il posto più bello dove essere dipendenti e clienti, mi aspetto che mi supporti nella scelta, e mi aspetto che metta in atto tutte le salvaguardie necessarie per far si che un accordo come l’esodo voluto e utile ad entrambe le parti non si trasformi in una disfatta per una sciagurata e discriminatoria legge dell’ultima ora, che ci relega a figli di un Dio minore.
Nel 2020 ho aderito all’esodo e ho continuato a lavorare con serietà e professionalità, senza pensare che il 2023 era alle porte, ma sicuramente pensando che dal 2024 le priorità sarebbero cambiate.
Rinunciare all’esodo vorrebbe dire rimanere in servizio subendo anche lo slittamento della finestra di uscita da febbraio 27 a luglio 27.
Potrei optare per questa scelta, ma non potrei sicuramente garantire la qualità della prestazione dopo avere coltivato per tre anni un’idea di vita differente.
Oggi, presso la sede dell’Inps, ho avuto una proiezione dell’assegno straordinario di esodo sia con i coefficienti in essere attualmente che con i coefficienti che entreranno in vigore con la nuova legge.
La differenza si traduce in circa 450/500€ lordi in meno..
Credo che subire una tale differenza perché sono in servizio fino al 31.12.2023 e dal 1.01.2024 sono in esodo perché scelgo la pensione “anticipata” sia una situazione che meriti l’impegno dell’ Azienda affinché questa ingiustizia non venga perpetrata.
La revoca delle dimissioni volontarie non è più gestibile da parte del dipendente, (i 5 giorni utili in tal senso sono ormai trascorsi) dovrebbe essere l’Azienda a inserirla, che potrebbe anziché annullarla modificarla rispetto alla data facendola ricadere prima del 31.12.2023.
Uscire a dicembre 2023, o chiedere lo slittamento dell’uscita a marzo 2024 non deve rappresentare il tempo necessario al dipendente per decidere “semplicemente” se aderire o meno all’esodo, ma il tempo necessario affinché l’Azienda in modo chiaro garantisca che attuarà tutte le salvaguardie necessarie affinché i diritti quesiti dei pochi dipendenti, che rientrano nella casistica, in uscita al 31.12.2023 siano fatti salvi.
La dignità e la libertà della persona passa anche attraverso l’impegno a far si che 39 anni di lavoro non siano umiliati nel silenzio di tutti!!!
P.S.
*”La revoca delle dimissioni volontarie non è più gestibile da parte del dipendente, (i 5 giorni utili in tal senso sono ormai trascorsi) ma dovrebbe essere l’Azienda a inserirla: potrebbe, anziché annullarla, modificarla rispetto alla data facendola ricadere prima del 31.12.2023.”
Un’attività del genere ad esempio consentirebbe di salvaguardare almeno l’assegno straordinario di esodo che verrebbe calcolato con i coefficienti in vigore nel 2023″
Buongiorno,
a distanza di un mese dalla pubblicazione sul sito, relativa alla notizia “Previdenza ex-Inpdap posto il problema e i primi interventi”, vorrei fare delle osservazioni e porre quindi relativi quesiti.
Data pubblicità a tale notizia il 15.12.2023, mi domando se possa ritenersi giustificato, rispetto a un provvedimento con impatti così rilevanti, il silenzio dell’Azienda dato che a subirlo sono persone che hanno prestato, presso la stessa, il loro servizio per oltre 40 anni.
Un’altra osservazione riguarda la tempistica della pubblicazione della notizia.
Sul sito della CGIL il 28.10.2023 viene pubblicato l’articolo “CGIL, FP e FLC: il Governo vuole tagliare le pensioni. Tagli di migliaia di euro per i pubblici”, annunciando così la revisione delle aliquote di rendimento per alcune gestioni previdenziali del comparto pubblico.
Pertanto il Sindacato era già a conoscenza di quanto, probabilmente ancora allo stadio ipotetico, sarebbe poi successivamente stato normativamente previsto prima del 15.12.2023, addirittura ancora prima del 30.10.2023 data in cui il disegno di legge è stato presentato in Parlamento. Ci si trovava quindi in tempo utile per attivare tutte le salvaguardie necessarie per tutelare i diritti dei lavoratori coinvolti, nel silenzio assoluto dell’Azienda.
Anche se all’epoca il testo di legge era ancora soggetto all’iter di approvazione parlamentare, i tempi erano tali da poter tutelare tutti noi colleghi ex-CPDEL, la cui uscita era prevista al 31.12.2023 a seguito dell’accordo di esodo risalente al 29 settembre 2020.
Proporre ad esempio di uscire anticipatamente rispetto alla data prevista, poniamo in data 01.12.2023, avrebbe voluto dire tutelarci quantomeno nell’entità dell’assegno straordinario di esodo, che sarebbe stato calcolato secondo i coefficienti in vigore al 31.12.2023.
Sebbene l’assegno straordinario sia pagato dall’Inps, è un onere a carico dell’Azienda.
Pertanto ritengo un atto dovuto chiedere intanto una tutela in tal senso, affinché non si configuri, tra l’altro, anche una sperequazione fra dipendenti che hanno firmato tutti nel 2020 lo stesso accordo.
E non credo esistano impedimenti tecnici, normativi ed economici atti a trovare una soluzione, dato che, a fronte dell’accordo di esodo del 29.9.2020 che prevedeva l’uscita entro e non oltre il 31.12.2023, è stata data in seguito agli ultimi provvedimenti rivelatisi iniqui nei nostri confronti, l’opportunità di posticipare la stessa uscita al 31.3.2024. A tal proposito faccio presente che, pur avendo richiesto di posticipare l’uscita al 31.03.2024, ancora oggi sul sito servizi.lavoro.gov.it risulto dimissionaria dall’1.1.2024!!!
Quanto fin qui detto costituisce richiesta rivolta al Sindacato di attivarsi rispetto la tutela dell’assegno di esodo di tutti noi colleghi con uscita prevista al 31.12.2023.
Peraltro sono in contatto con diversi colleghi ex-CPDEL, anche con coloro che sono usciti nelle precedenti finestre: tutti noi vorremmo avere diversi chiarimenti.
Vorremmo sapere perché si parla di riforma delle pensioni dei dipendenti pubblici, quando in realtà si tratta di provvedimenti relativi ad una legge di bilancio che ha coinvolto solo gli iscritti all’ Ex-Inpdap e, quindi, se sia costituzionale fare una simile cernita.
Tutti gli altri dipendenti pubblici Ex-Inpdap, come i dipendenti di enti statali, pubblici o ministeriali ne rimangono fuori: qual è quindi la ratio?
Sicuramento il coinvolgimento di tutto il settore pubblico non darebbe i caratteri di equità alla norma, ma il carattere di omogeneità rivendicata dal Governo.
Noi tutti vorremmo sapere quale sarà l’impatto effettivo di queste nuove aliquote di rendimento, a maggior ragione chi deve decidere entro il 31.03.2024 se confermare o meno l’esodo.
Chi è uscito nelle precedenti finestre con i parametri della pensione anticipata, ma con pochi anni di differenza alla pensione di vecchiaia, subirà un danno che diversamente probabilmente avrebbe evitato, facendo una scelta differente.
Vorremmo capire se il sistema di calcolo con i coefficienti di rivalutazione, previsto per le casse ex-Inpdap coinvolte, è veramente cosi vantaggioso rispetto al sistema di calcolo con coefficienti di trasformazione applicato per i privati.
Conoscerne l’entità ha un valore non solo per poter dare un giudizio di merito su questo provvedimento, ma anche per chiedere in ogni caso l’impegno ad un’attività di contrasto nelle sedi opportune.
Qualora la differenza esistente, tra pensioni dei dipendenti pubblici e pensioni dei dipendenti privati, fosse così discriminante si dovrebbe chiedere al Governo un adeguamento verso l’alto e non un adeguamento verso il basso.
In un Paese dove gli stipendi e le pensioni sono fermi ai valori di oltre venti anni fa, con un potere di acquisto sempre più ridotto, non si può permettere al Governo di legittimare questa legge invocando l’equità tra lavoratori e tra generazioni.
Come evidenziato solo una parte di dipendenti pubblici subiscono l’umiliazione di questo provvedimento, solo alcuni ex-Inpdap ne fanno parte, pertanto l’equità tra i lavoratori non viene rispettata.
Punire chi sceglie la pensione “anticipata” rispetto a quella di vecchiaia, è solo un modo per fare cassa, e non certamente un modo per stabilire equità generazionale. Colpire chi ha trascorso oltre 40 anni della propria vita lavorando, costringere questa parte dipendenti pubblici a lavorare per oltre 48 anni per non subire alcun taglio sulla propria pensione è un’ingiustizia sociale che non può essere consentita.
Noi tutti chiediamo al Sindacato, in forma unitaria, che sia nostro portavoce, e ai primi interventi posti in essere il 15 dicembre u.s. aggiunga rapidamente nuove iniziative, valutando anche l’opportunità di attivare una class action a tutela dei diritti quesiti.
Pensiamo a quanto fatto su tal fronte dai rappresentati degli operatori sanitari.
Appellandosi anche alle parole della stessa Giorgia Meloni, che nel premier time del 23.11.23 ha così concluso, “Faremo in modo che non subisca alcuna penalizzazione chi accede alla pensione di vecchiaia e chi ha un’elevata anzianità contributiva”
Intesa San Paolo, azienda leader europea, che dell’impegno sociale ha fatto una delle sue mission principali, si impegni insieme al Sindacato presso il Governo svolgendo anche un’opera di moral suasion affinchè nessuno dei colleghi ex-Inpdap subisca questa umiliazione dopo una vita di lavoro, NESSUNO ESCLUSO!!!
Chiedo scusa per la lungaggine, ma tante altre sarebbero le osservazioni da fare, e spero insieme agli altri colleghi di ricevere una risposta che sia indicazione una pronta iniziativa a nostra tutela.
Grazie.
Emilia Fragomeno
Buongiorno Emilia,
grazie per il tuo “commento”, molto ampio e circostanziato, che ci permette di sottolineare ulteriormente alcuni importanti aspetti dell’azione sindacale che stiamo portando avanti.
Come CGIL e come Fisac Cgil siamo intervenuti con la massima determinazione e tempestività sul tema sia a livello generale che riguardo all’interlocuzione con l’azienda.
A livello generale abbiamo avviato e stiamo portando avanti il contrasto a questa iniziativa sbagliata del Governo con una mobilitazione che ha già portato ad uno Sciopero Generale, azione che proseguiremo a fronte di una Legge di Bilancio che riteniamo iniqua e penalizzante.
A livello aziendale abbiamo posto fin da subito le questioni, che anche Tu hai evidenziato, per ottenere tutti gli interventi di salvaguardia attuabili, rispetto allo stato della situazione, per la miglior tutela delle colleghe e dei colleghi interessati e anche per rendere possibile la massima consapevolezza da parte loro nella definizione delle scelte individuali.
Tutto ciò, considerato che la Legge di Bilancio 2024 è stata approvata in modo definitivo solo alla fine del 2023 e che sono tuttora in corso, a tutti i livelli, e anche in ambito degli Enti e delle strutture interessate, i necessari approfondimenti per valutare in modo certo gli effetti applicativi di tali norme e le ricadute degli stessi nelle diverse casistiche di specie.
Da parte nostra oltre a mantenere attivo il massimo coinvolgimento dell’azienda sul tema, stiamo proseguendo con le necessarie verifiche ed approfondimenti, insieme alle nostre strutture sindacali tecnico-giuridiche CGIL e Fisac Cgil, al fine di attivare nel più breve tempo tutti i possibili percorsi di tutela che potremo porre, quanto prima, all’attenzione delle colleghe e dei colleghi.
Da Natale a Pasqua il passo è breve, e il pesce di aprile è servito!!!
Sono passati due mesi da quando furtivamente è venuta a galla la notizia delle modifiche che la legge di bilancio stava apportando in tema di pensione anticipata, di interesse per alcuni fortunati dipendenti di Intesa, e nulla è cambiato.
La proroga concessa in termini di uscita a coloro che hanno aderito all’esodo del 20.09.2020 al momento è trascorsa invano, o meglio ha confermato quanto già emerso in precedenza.
Nessun comunicato del Sindacato sul tema.
Il silenzio assoluto dell’Azienda ora come allora.
Anzi il tema dell’esodo è stato affrontato durante un’intervista, trasmessa sulla WebTV aziendale, da Paola Angeletti ,(Chief Operating Officer),che ha dichiarato che tutte le domande dell’accordo del 2020 sono state soddisfatte, circostanza evidentemente inesatta
Conferma che nessuna azione sia stata intrapresa dal Management aziendale per attivare delle salvaguardie a favore delle “persone” che hanno prestato il loro servizio per quarant’anni nell’Azienda.
Disinteresse confermato anche dalla gestione amministrativa della posizione dei malcapitati.
Ha optato per lo slittamento della cessazione al 31.03.2024 in forza dell’accordo firmato il 20.09.2020, e la scrittura privata da firmare adesso a conferma della cessazione di lavoro al 31.3.2024 deve fare riferimento a questo accordo, e non all’accordo del 16.11.2021 da me mai sottoscritto.
Inoltre nella mail ricevuta oggi con oggetto Accordo di esodo 16.11.2021 , oltre alla citata scrittura privata, è stata allegata la guida all’inserimento delle dimissioni volontarie, ma sfugge il particolare che le dimissioni sono da me già state inserite a novembre 2023 e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali risulto dimissionaria dall’1.01.2024!!!
Quindi un’incogruenza dalla quale potrebbero derivare ulteriori conseguenze a mio carico.
A questo silenzio all’interno dell’Azienda, si aggiunge la mancata risposta di indicazioni da parte dell’Inps relativamente all’applicazione dei nuovi coefficienti stabiliti dalla legge di bilancio, ai fini del calcolo dell’assegno straordinario di esodo/pensione.
Alla luce di quanto esposto, su quali basi e su quali indicazioni dovrei prendere una decisione che è una scelta di vita?
Domandare è lecito, rispondere????
Fate un po’ voi…
Buon pomeriggio, esprimo alcune considerazioni di carattere generale sulla vicenda che ha interessato i colleghi in precedenza Bnc: 1) le disposizioni degli “Accordi” aventi ad oggetto i fondi esuberi del 2020 e del 2021 contengono delle salvaguardie in caso di modifiche delle norme previdenziali solamente “nel caso l’adeguamento dei requisiti pensionistici in base all’aspettativa di vita producesse una riduzione o un allungamento nella permanenza nel Fondo di Solidarietà”. In altri termini, se le novità normative riguardano solamente una modifica economica peggiorativa della futura prestazione previdenziale pubblica (come in questo caso per i colleghi in precedenza Bnc) l’unica alternativa per chi non ha ancora aderito all’esodo è accettare l’esodo alle nuove condizioni economiche peggiorative (che saranno ancor più penalizzanti per chi matura il diritto alla pensione anticipata e risulta distante temporalmente dalla data di maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia) oppure rinunciare all’adesione, attendere di maturare il diritto pensionistico e sciogliere il rapporto di lavoro successivamente alla maturazione del diritto, secondo un periodo aggiuntivo tale da poter compensare la perdita economica (in parte ciò avverrebbe parzialmente in virtù dell’allungamento delle finestre previsto dalla legge di bilancio approvata al 31.12.2023). Al contrario, chi ha già aderito all’esodo, tenuto conto del silenzio degli “Accordi” e salvo differente volontà aziendale, non potrà che subire la perdita.
Ma cosa succederebbe se dovesse intervenire una modifica previdenziale nelle prossime leggi di bilancio (2024 o 2025) relativamente alla modalità di calcolo della prestazione pensionistica, con determinazione di quest’ultima non più secondo il sistema misto ma con il sistema interamente contributivo (per chi avesse dubbi, basta che legga gli articoli del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore del 2023 e quelli pubblicati fin qui nel 2024, tutti orientati in tal senso) ? Succederebbe che tutti gli ex colleghi Intesa Sanpaolo, che hanno aderito ai Fondi Esuberi del 2020 e del 2021 e che non hanno ancora maturato il diritto pensionistico al momento dell’emanazione della nuova norma (escludendo l’ipotesi di salvaguardia legislativa per chi è in esodo, perchè così non è avvenuto per gli esodati al 31.12.2023), si troverebbero penalizzati ricevendo una minore prestazione previdenziale, così purtroppo come accadrà per gli ex colleghi in precedenza Bnc oggi già in esodo (questi ultimi verrebbero penalizzati peraltro due volte: la prima al 31.12.2023 e la seconda in occasione dell’ipotizzata revisione normativa). Un’idea della penalizzazione si può ottenere (con esclusione dei colleghi ex Bnc, in quanto ex-Inpdap) collegandosi al portale dell’Inps, effettuando l’accesso con il proprio spid e simulando la propria prestazione pensionistica con il calcolo del metodo contributivo (naturalmente per chi matura il diritto alla pensione anticipata a parità del requisito contributivo pari a 43,1 anni per uomini e 42,1 anni per le donne, perchè la penalizzazione sarebbe di gran lunga maggiore se si ipotizzasse l’anzianità contributiva a 41 anni);
2) una parte dei dipendenti di Intesa Sanpaolo ha avuto originariamente un rapporto di lavoro con entità bancarie dotate di particolari specificità previdenziali, in base alle quali sarà possibile potere ricevere integrazioni della prestazione previdenziale pubblica da parte di Casse previdenziali, costituite in accordo tra le citate entità bancarie e Organizzazioni sindacali. Sempre immaginando che il metodo contributivo possa diventare la modalità di calcolo delle future prestazioni pubbliche, potrebbe essere opportuno verificare tutte quelle ipotesi in cui l’integrazione delle Casse è vincolata ad una modalità specifica di calcolo pensionistico (sistema misto), comportando una penalizzazione della prestazione della Cassa o addirittura una cancellazione della stessa integrazione.
Alla luce di quanto rappresentato ai punti 1) e 2), concludo dicendo che è normale farsi male, cadendo inavvertitamente; ma quando si vede e si sa che a distanza c’è un ostacolo – la cui dimensione al momento certo non è nota – per quanto possibile occorre evitarlo, visto che gli attuali lavoratori dipendenti potranno essere (prima o poi) solo futuri pensionati, ma non sono purtroppo agricoltori, medici, lavoratori autonomi o banche (l’ultima legge di bilancio docet). Nonostante i possibili scenari normativi potranno essere più articolati di quanto sopra descritto (ho parlato genericamente di introduzione del metodo contributivo: ma con quale anzianità contributiva, con quale vincolo anagrafico, con gli attuali coefficienti di trasformazione od altro ancora?), credo che alcune asperità del metaforico ostacolo potrebbero essere già evitate, se affrontate adeguatamente in tempo a livello di interlocuzione con l’azienda.
Quanto sopra esposto ha lo scopo di descrivere una serie di problemi che sono accaduti ad un limitato numero di colleghi e che potrebbe riguardare domani un insieme di colleghi più ampio. Espressamente non ho voluto formulare alcuna considerazione propositiva sui punti 1) e 2).
Ringrazio infine la collega Emilia Fragomeno per le considerazioni che ha voluto condividere e che mi hanno stimolato a scrivere quanto sopra e ringrazio naturalmente anche per lo spazio messo a disposizione.
Massimo Sforzi