L’azienda ha diramato oggi una nota relativa agli obblighi formativi collegati alla direttiva 2014/65/UE (cd. MiFID II). Nel riportarne qui di seguito un estratto, ricordiamo che la formazione non è un semplice “obbligo” burocratico, ma uno strumento a tutela dei colleghi e della loro professionalità. E’ quindi fondamentale che l’azienda si adoperi concretamente per favorire in ogni modo i processi formativi, prevedendo momenti e tempi dedicati e consentendo ai colleghi un reale processo di apprendimento.
.
Le novità normative per i colleghi della Divisione Banca dei Territori
Il 3 gennaio 2018 sono diventate efficaci le disposizioni di attuazione della direttiva 2014/65/UE (cd. MiFID II), che prevedono in capo agli intermediari specifici adempimenti riguardo alla necessità di formare adeguatamente il personale preposto alla prestazione dei servizi di investimento.
Il nuovo Regolamento Intermediari, adottato dalla Consob in data 15 febbraio 2018, ha definito un sistema flessibile di accesso all’attività ammettendo una pluralità di percorsi formativi e un’ampia gamma di titoli di studio, nonché bilanciando, fatto salvo il periodo minimo di sei mesi, la durata dell’esperienza richiesta in funzione del titolo di studio conseguito (più bassa è la qualifica, maggiore è l’esperienza richiesta).
Il personale che presta consulenza in materia di investimenti deve possedere idonee conoscenze e competenze, in assenza delle quali è inserito in un percorso formativo e affiancato da un supervisore.
Per adeguarsi alla disciplina, Intesa Sanpaolo si è dotata di un documento di Regole, approvato dal Consiglio di Amministrazione l’11 settembre scorso, con la finalità di:
– definire le figure professionali a cui si applicano i nuovi adempimenti MiFID II;
– correlare i titoli di studio e le esperienze lavorative necessarie per abilitare alla prestazione dei servizi di investimento;
– descrivere il lavoro sotto supervisione e le politiche formative.
Intesa Sanpaolo per consentire al personale in perimetro di mantenere le idonee conoscenze di cui sopra, erogherà annualmente un percorso formativo di aggiornamento che prevede un test di verifica finale. La mancata fruizione della formazione o il mancato superamento del test comporterà l’impossibilità di continuare a prestare consulenza in materia di investimenti e l’applicazione di un blocco operativo automatico ai sistemi finanza.
giusto, la formazione è sacrosanta, ma allora perché non prendiamo una dura posizione relativamente alla farsa Ivass che va avanti da anni e anni? Non mi pare che servano particolari denunce, è sotto gli occhi di tutti la pochezza dei moduli formativi di Apprendo e la comica dell’esamino finale. Dico bene o sono io che vivo in un altro mondo?
Su questo aspetto ci siamo espressi più volte. Le “denunce” son ostate fatte eccome. Non siamo ancora riusciti a guadagnarci un miglioramento significativo, ma questo non significa che non sia davvero tra le nostre priorità. Non è sempre facile (o veloce) ottenere quello che è giusto, ma ti assicuriamo che vogliamo riuscirci.
ok, sono consapevole che non è facile ottenere risultati in tempi brevi, però il primo esame “farlocco” di Ivass (all’epoca Isvap) io l’ho dato a settembre 2007 (sono passati 11 anni), posso solo sperare che eventuali miglioramenti vadano a beneficio dei colleghi più giovani, ne hanno tanto bisogno. Grazie.
Sono alcuni dei temi di cui abbiamo parlato nell’incontro odierno con l’azienda.
MA BASTA, BASTA, con questa ipocrisia, basta, che la formazione ci fa crescere professionalmente, che protegge noi e i nostri clienti, BASTA! Il corso MIFID dura 60 ore il corso consob dura 47 ore, due corsi obbligatori, 107 ore per la nostra indispensabile preparazione, ma 107 ore equivalgono a 14 giornate lavorative!!! Ma dove le dovremmo trovare? Lo sanno tutti che i corsi si fanno andare mentre si fa altro, cerchiamo di essere seri! smettete di prestarvi a questa ipocrisia aziendale! Pago una tessera!
Nessuna ipocrisia. La formazione è davvero lo strumento più efficace (di fatto quasi l’unico) per salvaguardare la professionalità (e cosa perfino più importante) l’occupabilità dei lavoratori in contesti in continua e tumultuosa evoluzione. Sapere che i corsi vengono fatti mentre si fa altro è un conto. E’ la presa d’atto di una realtà sbagliata, ma appunto reale. Rivendicare come “serio” che questo sia l’unico modo per gestire la formazione è tutt’altro. E’ esattamente il contrario: l’unico modo serio per gestire queste vicende è impegnarsi perché alla formazione venga dedicata l’attenzione e il rispetto necessari. Da parte dell’azienda, che deve smettere di interpretarla come un paravento, così come dai colleghi, che devono cercare di uscire dalla percezione di un’incombenza aggiuntiva e molesta. Il sindacato anche in questo contesto deve certamente essere richiamato alla sua funzione di garante dei diritti esigibili dei colleghi. Bisogna però intendersi su quali siano questi diritti esigibili: nello specifico sono l’ottenimento di spazi, tempi e metodi efficaci per la formazione e non certo la rimozione della formazione.
Io non ho negato l’utilità della formazione,(anche se numerosi capitoli inseriti nei corsi sono chiaramente degli eccipienti inutili necessari solo a riempire le ore), l’ipocrisia alla quale mi riferisco è quella di accettare 14 giorni di formazione quando ogni giorno in filiale ci viene “spinta” una priorità nuova, le giornate lavorative sono quello che sono, non sono di 12 ore (che verrebbero consumate dalle “priorità”), quindi siamo obbligati a fare dei corsi, ma non ci danno il tempo per farli! E probabilmente lo sanno (sperando che li seguiamo da casa), e allora come la chiamiamo questa se non ipocrisia? E chi ci dovrebbe difendere da questo abuso? Diciamola tutta, l’azienda ci obbliga a “formarci”, quindi noi siamo informati delle caratteristiche dei prodotti e dei diritti della clientela, quindi collochiamo prodotti sotto la nostra responsabilità! La strategia è la stessa adottata con la “Trasparenza”, apriamo un conto e consegnamo al cliente 69 pagine di contratto, cosi loro “sanno” tutto e non possono lamentarsi dopo. Strategia ipocrita da parte dell’Azienda, ma quando di questa strategia le vittime siamo noi a chi dobbiamo rivolgerci?
L’azienda ha responsabilità enormi rispetto a una cattiva gestione della formazione, a incominciare dall’insufficiente sensibilizzazione del suo management intermedio sulla centralità di questo aspetto nell’insime de lflusso lavorativo. E’ uno dei temi principali che abbiamo affrontato nell’incontro odierno, come puoi verificare leggendo la news che abbiamo pubblicato. la formazione non è tempo perso, anche se occupa porzioni importanti del tempo lavorato. Fare i corsi da casa – in orario lavorativo e retribuito – NON è una punizione o un premio. E’ un diritto individuale del lavoratore sancito da uno specifico accordo, al quale stiamo cercando di dare anche i necessari strumenti di esigibilità (vedi sempre la news). E questo proprio per evitare che l’affastellarsi delle incombenze “mangi” i tempi per la formazione. A chi rivolgersi in caso di abusi? Ovviamente al proprio rappresentante sindacale. Non per ottenere di poter aggirare la formazione o per pensare di poterla ridurre: i corsi a cui fai riferimento tu sono obbligatori perché così li definisce la legge che impone anche i contenuti. Nei fatti (e non per fortuna) l’azienda se li eviterebbe volentieri lei per prima. Ma per poter ottenere tempi, modi e spazi per assolvere a obblighi fondamentali previsti dagli organismi di vigilanza che non sono in alcun modo negoziabili. Che poi era il senso (banale, ma fondamentale) della news che stiamo commentando e dell’incontro odierno a cui abbiamo fatto riferimento.