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Dopo l’innalzamento della soglia per i fringe benefit – effettuato con successivi decreti a valere sui singoli anni dal 2020 al 2022 – era atteso e auspicato un provvedimento che estendesse al 2023 e – come avvenuto in passato – all’intera platea delle lavoratrici e dei lavoratori l’incremento del limite di esenzione, rispetto al valore di € 258,23.

Come noto, il c.d. Decreto Lavoro (contestato da CGIL, CISL e UIL per molteplici aspetti, a partire dalle misure destinate a precarizzare ulteriormente il mondo del lavoro) pur innalzando per l’anno 2023 la soglia esente per i fringe benefit a € 3.000 ha limitato la platea dei beneficiari dell’aumento, ora riservato a lavoratrici e lavoratori dipendenti con figli a carico.

Si tratta di una decisione iniqua e discriminatoria, in particolare in una situazione in cui i redditi di TUTTE le persone che lavorano sono stati pesantemente erosi dall’inflazione.

Il mancato incremento della soglia è inoltre destinato – se non interverranno modifiche o ulteriori interventi legislativi – a penalizzare in particolare (ma non solo) lavoratrici e lavoratori del settore bancario che non abbiano figli a carico e siano titolari di finanziamenti erogati dalle aziende di cui sono dipendenti, a causa del meccanismo “perverso” che qualifica come benefit gli interessi pagati su mutui e prestiti anche a tassi non particolarmente bassi.

La CGIL – per superare questa e altre criticità del Decreto – ha presentato una serie di emendamenti, alcuni dei quali inerenti la materia dei fringe benefit e dei mutui/prestiti, come sintetizziamo di seguito.

Le iniziative che la CGIL mette in campo (tra cui le recenti manifestazioni svolte con CISL e UIL a Bologna, Milano e Napoli) hanno lo scopo di rendere più incisive le nostre proposte e per questa ragione vanno e andranno sostenute con la partecipazione attiva di tutte e di tutti.

Qui il documento in pdf

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