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Nel pieno della stagione estiva, con il cambiamento climatico che sta producendo condizioni di calore eccezionali e sempre più estreme, è fondamentale che siano assunte iniziative immediate e concrete per la salvaguardia della salute dei dipendenti, e anche per la clientela, all’interno dei luoghi di lavoro. In data odierna i Rappresentanti dei Lavoratori (RLS) di Gruppo ISP hanno inviato alle competenti strutture aziendali una lettera che individua le principali azioni che l’azienda deve mettere in campo con la massima urgenza per fronteggiare la situazione al fine della tutela della salute e del benessere di chi opera nelle unità produttive aziendali.

Di seguito il testo della lettera inviata.

 

Al Datore di Lavoro di

Intesa Sanpaolo Spa

Dr.ssa Paola Angeletti

 

Al Responsabile Sicurezza sul Lavoro

Intesa Sanpaolo Spa

Dr. Fabio Rastrelli

 

Al R.S.P.P. di

Intesa Sanpaolo Spa

Arch. Dario Russignaga

 

Ai Medici Coordinatori ISP

Dott. Maurizio Coggiola

Dott. Paolo Carrer

 

 

Oggetto: microclima sui luoghi di lavoro in stagione calda

 

I radicali cambiamenti climatici in corso da anni impongono strategie di adattamento e contrasto sempre più commisurate e impegnative: l’intensissima e prevista ondata di calore che sta interessando il nostro paese impone risposte radicali e diffuse, al fine di tutelare ovunque la salute di dipendenti e clienti all’interno dei nostri luoghi di lavoro.

Gli impianti di climatizzazione presenti nei nostri luoghi di lavoro sono in ampia parte vetusti e insufficienti a rispondere alle nuove necessità, sovente afflitti da continui guasti tecnici, dovuti anche al superlavoro loro richiesto di fronte agli sbalzi termici così elevati fra le temperature torride dell’esterno ed i livelli microclimatici minimi che è necessario garantire per poter lavorare, all’interno: occorre senz’altro proseguire e portare a termine l’opera già in corso circa il loro rinnovamento, che deve raggiungere tutti i luoghi di lavoro del Gruppo (in ciò facilitati anche dalla rilevante scomparsa di molte Filiali).

L’Allegato IV (punto 1.9.2.1.08 “Temperatura dei locali”) del D.Lgs. 81/08 non specifica i gradi ottimali della temperatura dei locali di lavoro, dice solo che “La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”.

Per avere dei riferimenti sul rapporto, in generale, tra tipologia di attività e temperatura adeguata è necessario, conformemente a quanto più volte indicato anche da INAIL, fare riferimento alla norma tecnica ISO 7730: dalle indicazioni contenute in tale documento, che riveste valore di standard internazionale, ed è assunto come riferimento anche dalle norme legislative italiane che fanno ampio rimando alle norme ISO (fra le quali il Testo Unico Salute e Sicurezza), per soggetti in stato sedentario e/o in attività leggera, è possibile estrapolare le seguenti condizioni di benessere valide per il periodo invernale ed estivo in cui è attivo il sistema di climatizzazione:

Inoltre, occorre rispettare anche il disposto del DL 19 agosto 2005, n. 192 sul rendimento energetico dell’edilizia, che per quanto riguarda gli edifici di nuova costruzione e quelli oggetto di ristrutturazione (come ad es. le tantissime filiali che hanno visto ristrutturare gli impianti di climatizzazione in via indipendente o in occasione della trasformazione secondo il layout New Concept) prevede espressamente che vengano rispettate tutta una serie di prescrizioni, ad esempio:

  • che siano presenti dispositivi per la regolazione automatica della temperatura ambiente nei singoli locali o nelle singole zone aventi caratteristiche di uso ed esposizioni uniformi;
  • che siano presenti elementi di schermatura delle superfici vetrate, esterni o interni, fissi o mobili, tali da ridurre l’apporto di calore per irraggiamento solare, e che siano efficaci (e su questo aspetto le filiali sono ovunque estremamente carenti);
  • che siano rispettati determinati valori di trasmittanza termica media (parete corrente più ponte termico).  

In sintesi, quindi, considerato l’obbligo del datore di lavoro, per la tutela della salute dei lavoratori, di adeguarsi alle norme tecniche, riteniamo che il combinato disposto dell’allegato IV (punto 1.9.2.1.08) del D.Lgs. 81/08 e della norma ISO 7730, imponga di adottare le misure necessarie per adeguare la temperatura dei locali di lavoro in modo che oscilli tra i 23-26 gradi (nel periodo estivo).

Ove ciò non fosse possibile (impianti inadeguati alla situazione climatica, impianti malfunzionanti o fuori uso), il Datore di Lavoro ha l’obbligo di sospendere le attività in grado di arrecare danno ai soggetti sottoposti alla Sua vigilanza; segnaliamo che attualmente, in moltissimi contesti, il raggiungimento di tali temperature è un miraggio.

Considerato quanto sopra, consideriamo irricevibili le indicazioni rilasciate dall’azienda nelle riunioni territoriali coi RLS, nelle quali si afferma che in estate sia sufficiente osservare una differenza di 10 gradi centigradi fra esterno ed interno: con temperature esterne che in questi giorni arrivano persino a 45/46 gradi, vorrebbe dire esporre scientemente il personale a gravissimi rischi per la salute.

Con il decreto 146/2021, convertito in Legge 215/2021, sono state potenziate le attività di vigilanza ed è stato rivisto l’istituto della sospensione delle attività imprenditoriali.

Con la modifica del c. 1 dell’art 19 viene definita una nuova regolamentazione dei compiti del preposto, che nell’ambito delle sue funzioni di sovrintendente sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge e delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza.

Il preposto ora deve intervenire per modificare eventuali comportamenti non conformi fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. Qualora persista l’inosservanza, dovrà interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti. Analogo dettato si ha anche in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro, rilevato il quale il preposto dovrà interrompere temporaneamente l’attività e segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate. 

Sappiamo già che molti preposti, correttamente, si pongono il problema se continuare a far lavorare i propri sottoposti (o no) in caso di problemi alla climatizzazione, sovente dopo intervento dei RLS, i quali però non possono essere costantemente al corrente di tutte le situazioni problematiche, per sollecitarne soluzione.

Molte volte tuttavia – se la decisione non parte dal Servizio Tutela o dai CTPAR – le attività non vengono interrotte, anche in presenza di valori microclimatici intollerabili, e neppure viene menzionata ai sottoposti la possibilità (per esempio) di lavorare in smart working. Tale stato di fatto è a nostro avviso originato non da scarsa volontà dei preposti, ma da una grave criticità organizzativa, che va risolta a cura del Datore di Lavoro.

Riteniamo che l’azienda debba rafforzare la propria attività di presidio di ogni territorio, in modo da poter intervenire tramite il Servizio Tutela con la necessaria celerità, e fornire a CTPAR e preposti un sostegno molto più efficace, costante e solido e soprattutto vincolante. A nostro avviso potrebbe essere per esempio molto utile organizzare in ogni territorio una serie di riunioni in remoto nelle quali Tutela Aziendale, alla presenza di preposti, CTPAR e RLS faccia un rapido richiamo sul quadro normativo di riferimento, su cosa ciascuna delle parti può fare per prevenire il rischio microclimatico e su quali sono i modi a disposizione dei preposti per confrontarsi con Tutela Aziendale.

Rimarchiamo inoltre che, nonostante l’argomento sia stato sollevato già nella nostra del 1/7/2022, che alleghiamo in calce per brevità, il Datore di Lavoro continua a lasciare i preposti nella più totale impossibilità di valutare appieno la rispondenza dei valori microclimatici a degli standard minimi; nessuno strumento è stato messo a loro disposizione. Rispetto ad un anno fa, sono inoltre terminati al 31/3/23 gli effetti del cosiddetto Decreto Bollette, in base al quale la temperatura in estate – nei soli edifici pubblici – doveva attestarsi a non meno di 27 gradi, con uno scarto accettabile di 2.

Ci corre l’obbligo di ricordare che, in caso di violazione dell’Articolo 19, nelle lettere a), c), e), f) ed f-bis) la sanzione è penale e prevede l’arresto fino a due mesi o un’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro mentre nel caso le violazioni riguardino, invece, le lettere b), d) e g) sempre dell’Articolo 19, la sanzione, sempre penale, prevede l’arresto fino ad un mese o l’ammenda da 245,70 a 982,81 euro.

Un eventuale malore che a causa delle forti temperature dovesse colpire un collega o un cliente (il rischio è particolarmente forte in presenza di donne in gravidanza, minori, persone con malattie croniche) esporrebbe quindi in primis il preposto e subito dopo il Datore di Lavoro a rischi personali, ed il nostro istituto a considerevoli rischi reputazionali. Eventualità che vorremmo evitare in positivo, ad ogni costo, in vista della quale riteniamo che l’azienda debba spendersi molto di più di quanto sinora dimostrato.

In brevissima attesa delle Vostre determinazioni riguardo quanto sopra esposto, distinti saluti.

I RLS di Gruppo Intesa Sanpaolo

Milano, 21/7/2023

 

Al Datore di Lavoro di Intesa Sanpaolo Spa Dr. Fabio Rastrelli 

Al    R.S.P.P. di Intesa Sanpaolo Spa Arch. Dario Russignaga 

Ai Medici Coordinatori ISP Dott. Maurizio Coggiola Dott. Paolo Carrer 

Oggetto: temperature minime in ambienti di lavoro durante la stagione calda

 Durante la recente riunione periodica art. 35 del D.Lgs 81/2008 abbiamo appreso che l’azienda ha deciso, unilateralmente e senza alcun confronto preventivo, di allargare al proprio ambito le indicazioni contenute nel cosiddetto Decreto Bollette (Legge 27 aprile 2022, n. 34), che prevede, peraltro per i soli edifici della Pubblica Amministrazione, dal 1/5/2022 al 31/3/2023, che la media ponderata della temperatura misurata nei singoli ambienti non superi i 19 gradi centigradi in inverno e non sia inferiore ai 27 gradi in estate. Peraltro, non si è fatto cenno al fatto che il Decreto citato preveda un margine di due gradi di tolleranza (ad es. in estate sono tollerabili 25 gradi ed in inverno 21).

Il RSPP ha motivato la decisione di applicare tali restrizioni nei nostri ambienti, pur in mancanza di obbligo di legge, in quanto tale misura diminuisce l’impatto ambientale del Gruppo, da lui definito “una impresa energivora”.

L’emergenza climatica rappresenta un elemento prioritario anche per tutti noi lavoratori; tuttavia non cogliamo alcun segnale di volontà nel riqualificare le poche filiali sopravvissute agli accorpamenti, o le direzioni: né strutturalmente con isolanti, né attraverso impianti fotovoltaici o di VMC (Ventilazione Meccanica Controllata, utile nel recuperare non solo il calore d’inverno ma anche il fresco prodotto in estate), né tramite la sostituzione degli impianti di climatizzazione più obsoleti ed energivori con altri più efficienti, né con altre soluzioni innovative che possano compensare almeno in parte il disagio al quale l’azienda vorrebbe esporre il personale, in un contesto nel quale si va  incontro  ogni anno ad  estati sempre più torride, con temperature esterne sovente ben oltre i 40°.

La proposta di modificare le temperature impostate addossa l’intero carico di questo minimo abbozzo di transizione ecologica unicamente sulle spalle dei lavoratori e riduce la tematica green ad un  mero  aspetto  di  risparmi  di  scala; occorre invece fornire atti concreti che possano intervenire positivamente sugli aspetti di sostenibilità.

Le decisioni comunicateci renderanno con buona probabilità difficilmente vivibili molti ambienti di lavoro in Intesa Sanpaolo, per vari motivi:

  • molti impianti di climatizzazione presenti nei nostri ambienti di lavoro sono vetusti o non particolarmente performanti;
  • l’efficienza termica di pareti e vetrate (intesa in estate come capacità di prevenire la dispersione del freddo e impedire l’ingresso del caldo) è molto varia, e ciò incide pesantemente sulle temperature che si riescono a raggiungere effettivamente;
  • spesso le manutenzioni e gli interventi di ripristino dai frequenti guasti avvengono con ritardo o in modo scarsamente efficace, ed abbiamo assistito anche a lunghissime attese dei pezzi di ricambio;
  • i luoghi di lavoro sono abitualmente caratterizzati da ampie superfici vetrate, inevitabilmente esposte  a consistente insolazione; spesso i termostati sono ubicati in un unico punto, fattore che contribuisce a che nello stesso luogo di lavoro si creino zone con temperature anche molto distanti da quella impostata;
  • i termostati, non essendo le sonde testate singolarmente, presentano tolleranze anche nell’ordine di 5/10 gradi; ciò può esporre in estate al raggiungimento di temperature sensibilmente più alte di 27 gradi, anche ove gli impianti siano in perfetta efficienza;
  • occorre anche tenere presente che molto di frequente le condizioni di umidità  relativa  amplificano enormemente il discomfort climatico: impostare il termostato su 27 gradi avrebbe quasi ovunque l’effetto di inibire totalmente la partenza dei deumidificatori, rendendo la temperatura percepita molto più alta e le condizioni microclimatiche decisamente invivibili;
  • gli impianti in estate spesso devono lavorare costantemente a pieno regime, e necessita  sovente  la  loro accensione ben prima dell’inizio dell’orario di lavoro: nonostante questo, in molti contesti già oggi il raggiungimento di 27 gradi in estate rimane un
  • molti impianti di ricambio d’aria funzionano soltanto se è in  funzione  l’impianto  di climatizzazione,  per  cui se fino a 27 gradi l’impianto non parte, non c’è ricambio d’aria nella filiale

 Per tutti questi motivi, pur considerando che il benessere termico dipenda anche da elementi di soggettività, riteniamo molto probabile che la decisione aziendale possa nei fatti comportare un drastico e diffuso aumento del discomfort climatico.

Rimarchiamo che l’azienda non ha proceduto alla necessaria valutazione preventiva del rischio insito nel disporre delle modifiche delle temperature, specie considerate le temperature alte che sicuramente si registreranno durante la stagione calda, e pertanto chiediamo che si effettuino questi adempimenti, anche con la finalità di redigere quanto prima uno specifico protocollo che regoli efficacemente la materia.

Attualmente, quando i colleghi si trovano a lavorare in condizioni microclimatiche critiche,  nulla  consente  infatti  di attivare un meccanismo rapido e automatico per non esporli a  rischi,  che preveda  un rapido  abbandono del posto  di lavoro in caso di un correlato pericolo per la salute: abbiamo invece assistito tante volte a colleghi costretti a lavorare in situazioni estreme, senza che  nessuno  si prendesse  la responsabilità  di chiudere.  Neppure  i preposti o  i responsabili locali hanno, di fatto, a disposizione mezzi e chiari riferimenti normativi oggettivi per poter adeguatamente vigilare e salvaguardare la salute dei colleghi.

È necessario fin da  subito individuare condivisi vincoli  circa  le condizioni microclimatiche (temperatura,  umidità,  ecc.), dai quali far discendere immediate iniziative a tutela della salute (chiusura luoghi di lavoro) nel caso in cui  si manifestassero situazioni fuori dai limiti fissati.

È ovvio che la rilevazione dei parametri ambientali è funzionale e necessaria affinché tali normative legate alla tutela della salute possano essere regolarmente applicate, e quindi la presenza in tutti gli ambienti di appositi strumenti di rilevazione risulta indispensabile.

È necessario altresì un immediato confronto con i Medici Competenti.

L’Azienda ha citato la “Carta dell’indice del calore”, schema presente anche nell’opuscolo INAIL “Valutazione del microclima”, al fine di determinare con un metodo oggettivo quando le  condizioni microclimatiche  dentro  la  struttura nella quale si opera siano diventate pericolose per le persone.

Riteniamo che possa essere una base sulla quale avviare una discussione con gli scriventi RLS, rispetto alla quale attendiamo apposito incontro di consultazione, fermo restando che i paramenti utilizzati in tale schema non sono adeguati al nostro settore, e pertanto occorre rivederli in una logica di correlazione con l’attività svolta (il RSPP riferisce che nel Piano di Emergenza la chiusura delle strutture è prevista solo se i valori combinati di temperatura e umidità collochino il luogo di lavoro nella zona arancione della predetta tabella: a nostro avviso le persone si troverebbero invece già in una situazione di pericolo sin dall’ingresso nella zona gialla).

In ogni caso, si conferma la necessità di dotare ogni UOG di appropriati strumenti di rilevazione.

Occorre anche programmare, allo stesso tempo, un’opera di rammodernamento degli impianti e di  adeguamento tecnologico che porti a maggiori garanzie di uniformità di ottimali parametri microclimatici  in  ogni ambiente di ogni singolo luogo di lavoro.

Pertanto, data la non prescrittività della misura in discorso negli ambienti di lavoro  privati,  e  considerato  che  le condizioni microclimatiche non devono essere causa di discomfort per i lavoratori, invitiamo l’azienda a rimandare una eventuale sua applicazione nelle strutture aziendali,  per  tutte  le  ragioni sopra descritte,  e  per  la  necessaria  attenzione da porre in special modo per tutelare la salute dei soggetti sensibili e/o fragili,  presenti sia fra il personale che nella clientela, a quando verranno adottati i necessari adeguamenti tecnici e procedurali sopra proposti; ciò anche alla luce dell’incontro che vi richiediamo sul tema, per il quale attendiamo pronta convocazione da parte vostra. 

Milano, 1/7/2022 

Gli RLS del Gruppo Intesa Sanpaolo

 

qui la lettera in pdf

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