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Giovedì 7 ottobre si manifestava il primo caso conclamato di contagio Covid 19 presso la Filiale Retail di via del Corso. All’apertura della filiale il giorno seguente, nessun lavoratore è stato avvisato della positività conclamata riscontrata nell’unità produttiva. La Banca avviava un proprio giro d’interviste ai lavoratori a suo avviso esposti al possibile contagio, concludendo che l’isolamento del collega e di 3 suoi contatti “stretti” fosse misura sufficiente a preservare la salute e la sicurezza dell’intera Filiale; nulla disponeva circa eventuali interventi di sanificazione dei locali della stessa, anche se in essi si alternavano decine di colleghi durante la giornata lavorativa.

Nei giorni seguenti veniva accertata la positività di altri colleghi e veniva disposta la sanificazione dei locali della sola filiale retail-exclusive, ignorando colpevolmente che nei locali attigui (delimitati da pareti divisorie di vetro molto più basse rispetto ai soffitti) lavorano le colleghe e i colleghi della Filiale Imprese, i quali in compenso hanno beneficiato dell’irrorazione degli agenti chimici.

Questi i fatti accaduti, che però fanno sorgere alcune domande.

  • Perché la Banca non ha provveduto all’immediata sanificazione dei locali già all’accertamento del primo caso?
  • Chi ha scelto la struttura incaricata dei tamponi antigienici rivelatisi fallaci in seguito, ma che ha seminato ansia e preoccupazione tra coloro che sono stati individuati come “positivi”?
  • Cosa non ha funzionato nel corso di tale indagine? E perché? E con quali conseguenze?
  • E’ questo il concreto esempio di attenzione alle “nostre persone” da parte della Banca? O in merito deve considerarsi maggiormente indicativa la solerzia con cui si è fatta retromarcia sulle chiusure cautelative già disposte, certamente per venire incontro alle esigenze dei clienti (e non per recuperare il ritmo perso nel “passo” commerciale)?

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