Nelle giornate del 6 e 7 luglio si è avviata la trattativa relativa all’acquisizione degli ex Gruppi Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
L’Azienda ha rappresentato lo scenario che ha portato all’operazione sulle ex banche venete e ribadito i vincoli posti dagli organismi di vigilanza europei.
La trattativa riguarderà i seguenti temi:
- uscite volontarie,
- quadro normativo,
- relazioni sindacali e RLS.
Sono un dipendente IntesaSanpaolo e per quanto mi riguarda l’accordo per gli esuberi non mi è piaciuto: ai lavoratori delle venete vengono riconosciuti 7 anni più riscatti laurea (cioè 10 anni e più complessivamente), a noi solo 5 anni! Noi che con il nostro lavoro abbiamo ottenuto brillanti risultati, veniamo discriminati per gli esuberi. Perciò dopo aver subito la legge Fornero, dobbiamo sopportare anche questa ingiustizia, ed allora mi chiedo: il sindacato (soprattutto la Fisac Cgil) non divrebbe tutelare tutti allo stesdo modo? Evidentemente no, ed allora se questo e il trattamento che ci viene riservato, no mi rinane altro che restituire la tessera, perché a cosa serve un sindacato se non tutela tutti i suoi iscritti? Saluti.
Innanzitutto è giusto precisare che non siamo ancora di fronte a un accordo, ma a una fase di analisi preliminare dei dati e dei vincoli interni ed esterni sulla base dei quali costruire un accordo che abbia una serie di caratteristiche non eludibili, ovvero:
rispetto (obbligato e non eludibile) dei vincoli delle autorità di vigilanza
assoluta esclusione di licenziamenti sotto qualsiasi forma
sostenibilità sociale non solo per chi esce, ma anche per chi resta.
Di tutte queste cose abbiamo parlato con dovizia di particolari documentati qui: http://www.fisac.net/wpgisp/primo-incontro-di-trattativa-sullacquisizione-delle-ex-banche-venete.html#comments
Ora, soggettivamente ciascuno è libero di aderire o meno a un’organizzazione sindacale, anche semplicemente sulla base della propria stretta convenienza personale del momento. E’ assolutamente legittimo. Invece lo è meno accusare la CGIL di non fare il suo mestiere perché decide di affrontare una trattativa complicata non sulla base di un egualitarismo di facciata, ma sulla ricerca della soluzione più equa e distribuita per tutta la compagine coinvolta. Peraltro è importante notare che se non si intervenisse con una trattativa, ci troveremmo di fronte a licenziamenti nelle aziende in dissesto (giacché ovviamente è lì che si rende necessaria la riduzione di personale e lì NON ci sono gli spazi per 4.000 prepensionamenti) e – per contro – nessun esodo di sorta in Intesa Sanpaolo (come è evidente per il fatto che prima dell’acquisizione delle ex Venete non è stato fatto alcun esodo in Intesa Sanpaolo e in ogni dichiarazione aziendale è sempre stato ribadito che non c’erano esuberi nella nostra azienda).
In conclusione crediamo che la CGIL stia esattamente facendo il suo mestiere, al meglio delle sue possibilità (che ovviamente è cosa ben diversa dal non commettere errori che sono ovviamente connaturati a qualsiasi attività umana), ovvero cercare di difendere tutti i lavoratori.
Giancarlo sono d’accordo con te,
esempio: un collega di veneto banca noto per i lauti premi presi per collocare l’immondizia delle quote e di aver impoverito molta gente, adesso dopo un lungo periodo di malattia si vede premiato con sette anni pieni pieni. Noi invece ci tocca aspettare.
Soggetti discutibili ce ne sono ovunque e quindi certamente anche nelle ex Venete. Ma qui si sta cercando una soluzione generale a un problema complessivo.
Mi stupisce che tanti colleghi e colleghe vogliano essere considerati degli esuberi e rischiare il licenziamento!.. Sarà certo frutto della legislazione sulle pensioni, che prolunga i tempi di permanenza al lavoro, ma anche di un totale capovolgimento dei valori e del senso dell’azione sindacale, che deve tutelare chi ne ha bisogno e non garantire privilegi
In effetti è una questione interesante, che non può essere banalizzata.
Nel mondo “normale” le crisi aziendali sono fenomeni feroci, che nei “migliori” dei casi producono periodi di cassa integrazione (con assegni che sempre nei casi migliori producono sussidi poco al di sopra dei mille euro per 3 anni) e nei peggiori il licenziamento diretto. Il tutto accompagnato (per chi resta), da processi di mobilità territoriale e/o professionaleche non hanno nulla a che vedere con quanto avviene nelle banche.
Poi c’è il mondo delle banche, dove grazie a una presenza sindacale superiore a qualsiasi altro settore (in Italia il tasso di sindacalizzzione dei bancari è pari all’80%, in qualsiasi altro settore non non supera il 30%) e alla natura “strategica” del settore (che implica questioni reputazionali delle aziende, nonché interesse del Governo di turno) le crisi aziendali vengono gestite aattraverso il combinato disposto di interventi pubblici e oneri per le aziende sane, e quindi realizzando le riduzioni di personale attravero il pre-pensionamento (volontario) dei colleghi che possono scegliere di andare prima in pensione, prendendo per tutto il periodo che li separa dalla pensione un assegno pari alla pensione che prenderanno, più la piena contribuzione previdenziale, più il mentenimento del welfare prorio dei dipendenti in servizio.
Il dilemma è chiaro. A queste condizioni l’esodo non ha nulla a che vedere con la gestione sanguinosa di una crisi, ma diventa il benefit (di portata tutt’altro che irrisoria) per coloro che riescono a entrarci. D’altro canto il compito di un Sindacato di settore è quello di difendere a ogni costo l’occupazione in generale (non può in nessun caso avallare i licenziamenti, e ci mancherebbe) e nel contempo di contrattare sempre e comunque le migliori condizioni possibili per i propri lavoratori (anche qui ci mancherebbe ancora).
Un bel dilemma, appunto. Ma che senza dubbio alla fine dovrà essere risolto continuando a gestire le crisi bancarie nel miglior interesse dei colleghi coinvolti, anche quando questo cozza con le pure (ma astratte) scale valoriali. Le soluzioni apparentemente più “razionali” non necessariamente sono le più “sostenibili”. E’ il bello e il brutto di qualsiasi attività politica (in senso molto lato) che nel suo esercizio più serio ed efficace obbliga alla gestione delle contraddizione e alla conciliazione di interessi apparentemetne inconciliabili. E che è cosa molto diversa dai populismi strillati e irresponsabili che caratterizzano le nostre società contemporanee…
IL CALDO E GLI EGOISMI TRASFORMANO LE MISURE STRAORDINARIE PER ACCOMPAGNARE FUORI DAL MONDO DEL LAVORO COLLEGHI DI AZIENDE MAL GESTITE, E QUINDI PAGANO I LAVORATORI, IN MANCATA EROGAZIONE DI AGEVOLAZION A FAVORE DI COLLEGHI CHE VOGLIONO COSE PERSONALI. CREDO CHE IL COMMNETO PRECEDENTE SIA IL SEGNO DEI TEMPI DOVE A DRAMMI DI LAVORO SI ACCOSTANO PERSONE SENZA SCRUPOLI, CHE PARLANO DI INGIUSTIZIE. PURA FOLLIA.
CONCORDO IN PIENO I DIRITTI DOVREBBERO ESSERE OMOGENEI ALMENO ALL’INTERNO DELLA STESSA STRUTTURA
E infatti è così: esodo omogeneo per tutto il perimetro delle ex Venete, volto a conseguire il maggior numero di uscite dalle aziende in default (come da non negoziabili indicazioni degli organismi di controllo sovranazionali) e poi “spalmatura” omogenea in Intesa Sanpaolo di quanto serve per raggiungere il numero complessivo di 3.900 persone che dovranno lasciare l’azienda.
Peraltro anche la situazione contrattuale è diversificata per ciascuno dei due ambiti: gli accordi di Intesa San Paolo proseguono la loro applicazione senza alcun mutamento, mentre l’applicazione della contrattazione integrativa delle ex Venete è stata sospesa già a partire da lunedì scorso.
Solo dopo aver proceduto alla riduzione di personale come da disposizioni degli organismi di vigilanza sarà possibile avviare il processo di integrazione dei nuovi colleghi nel sistema contrattuale di Intesa Sanpaolo. Appunto solo dopo che i due ambiti attuali avranno cessato di esistere e si potrà procedere con l’integrazione in un unico ambito.
Vorrei far notare a tutti che è compito del Sindacato tutelare tutti i lavoratori e il LAVORO finché c’è. La trattativa é delicata e ci sono le posizioni oggettivamente deboli dei lavoratori delle banche in dissesto. La trattativa serve a evitare licenziamenti. Soggettivamente ci conviene? Questa è un’altra storia. Se lavorassi in un’azienda in dissesto (preciso che lavoro nel gruppo intesa da 30 anni) mi sentirei felice di essere tutelata dalla CGIL. Volete andare in pensione utilizzando il fondo esuberi? Anche io, ve lo sssicuro, ma non sarà questa volta. Siamo discriminati? Non credo, abbiamo un lavoro decentemente retribuito. Chiedete a quelli che il lavoro lo sognano. Abbiamo anche tanti mail di pancia ma mi pare ingiusto scaricarli sul Sindacato. L’accordo sarà il migliore possibile considerato che l’attività sindacale ha dei limiti imposti dalle norme e dalle contingenze. Buon lavoro a tutti voi. Maria Carla Petrosillo
Mi spiace constatare che la risposta evita il problema, cioè fate un giro di parole per non rispondere, o meglio per rispondere che non c’era altra possibilità: come al solito. E come al solito non avete capito il vero problema: non è solo per me che parlo, ma di tante persone con cui sono in contatto e che la pensano nello stesso modo. Se poi i sindacati perdono consensi, sapete già il perché.
Veramente una risposta c’è stata. E non è stata “non si può fare diversamente”, ma piuttosto un tentativo di mettere infila le cause a monte e le conseguenze a valle di questa situazione. Non si tratta di giri di parole, ma di fatti (oggettivi e non contestabili) e di scelte (queste invece ovviamente opinabili) per provare a gestire questi fatti.
Finora tutte le fusioni, le acquisizioni e i relativi esodi che si sono succeduti nel tempo hanno visto trattamenti uguali per il personale degli istituti coinvolti. Questa sarebbe la prima volta che le condizioni per l’esodo sono diversificate e addirittura peggiorative per il personale dell’istituto che acquisisce. Ritengo che per il personale di Intesa Sanpaolo non sarà facile accettare una simile discriminazione.
Anche stavolta è andata così. O meglio andrà così se faremo un accordo. Gli ambiti sono distinti e vengono gestiti in modo distinto. Questo vale per l’individuazione del numero di esodi, così come per l’applicazione delle norme contrattuali. Infatti per i colleghi Intesa Sanpaolo l’applicazione degli accordi aziendali prosegue immutata, mentre è stata interrotta l’applicazione di tutte le normative integrative delle ex Venete. Solo dopo che saranno stati effettuate le procedure di esubero (ovvero a effettivo superamento della divisione dei perimetri), si procederà all’avvio della trattativa per la progressiva integrazione dei colleghi ex Venete all’interno del sistema contrattuale di Intesa Sanpaolo.
In sede di trattativa dovreste almeno chiedere che in caso di mancato raggiungimento del numero (ipotesi alquanto improbabile) venga ampliata la platea dei potenziali esuberi
I numeri di uscite devono essere raggiunti in ogni caso: sono stati stabiliti in applicazioni delle disposizioni degli organismi di vigilanza. Quindi l’ampliamento della platea nel caso non si raggiungesse il numero previsto ci sarà assolutamente. Va comunque detto che si tratta di un’ipotesi del tutto accademica: tutto lascia immaginare che questo allargamento non sarà necessario.
Io capisco MOLTO bene il concetto espresso da Giancarlo e RIESCO pure a capire la posizione del sindacato.
Però un po’ più di confronto e un’attenzione maggiore alle opinioni dei lavoratori sarebbe cosa giusta.
“chiedete a quelli che il lavoro se lo sognano” o “abbiamo un lavoro decentemente retribuito” sono affermazioni che non vorrei mai dover leggere.
Andiamo allora anche a chiedere al 30 per cento di bancari (dato scientifico) che fanno uso di antidepressivi cosa ne pensano.
Anche prendendo per buono il dato del 30% di bancari che utilizzano antidepressivi, come influirebbe questo dato sulla gestione del fallimento delle ex Venete?
Questo fallimento è stato affrontato con un massiccio intervento pubblico e con il congiunto intervento dell’unica banca del paese che si è fatta avanti per ricevere questo “regalo” (cosa di per sé già piuttosto rara: di solito per ricevere regali ci si accapiglia). Questa azione congiunta di salvataggio ha prodotto la necessità di 3.900 uscite (necessità, imposta dalla vigilanza europea per dare il via libera all’operazione e non negoziabile nè dalla parti sociali, né dall’azienda). In regime di libera iniziativa imprenditoriale e degli organismi di controllo (ovvero senza l’intervento sindacale) queste uscite sarebbero dovute avvenire ovviamente tutte nelle banche fallite. Ovvero il 40% dei colleghi di quelle banche avrebbero dovuto lasciare il lavoro. Poiché però i prepensionabili in quel perimetro sono solo un migliaio, questo avrebbe significato che il 30% (è interessante come le percentuali ritornino, anche se da un punto di vista molto diverso) dei dipendenti di quelle banche avrebbe dovuto essere licenziato. Non è una provocazione: è quanto purtroppo avviene regolarmente nella stragrande maggioranza delle altre aziende del nostro paese e in tutte le banche degli altri paesi (da Lehmann a Deutsche). Senza l’intervento sindacale avremmo avuto 1.000 esuberi nelle Venete, 3.000 licenziamenti nelle Venete e 0 esuberi in Intesa Sanpaolo. Una scelta molto efficiente dal punto di vista aziendale (costi infinitamente minori, nessuna sovrapposizione, esigenze di riorganizzazione irrilevanti, mantenimento intonso delle collaudate strutture produttive interne e quasi dimezzamento di quelle esterne con i gravi problemi industriali che le hanno portate al fallimento).
Come sindacato abbiamo però ritenuto che non fosse la scelta migliore per i lavoratori. Non per i 3.000 ex Veneti che sarebbero stati licenziati, ma nemmeno per i colleghi di Intesa Sanpaolo che non avrebbero potuto usufruire nemmeno di un esubero.
Questi sono i fatti e non sono in discussione. Possono essere in discussione soluzioni alternative migliori, che però devono avere la caratteristica di essere praticabili partendo dai fatti e non dalla loro negazione.
Esiste una ricerca condotta dalla Fisac CGIL in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma su un campione di quattrocento bancari, il suo esito dimostra che ben il 28% dei suddetti fa quotidianamente uso di psicofarmaci. Non lo ricordiamo più? E’ molto grave!
Ciò premesso
“anche prendendo per buono il dato…ex venete” è proprio una di quelle espressioni antipatiche alle quali facevo riferimento:
Troppa alterigia!
Certo che il dato non influisce sulle trattative! non sono mica così fulminata da pensarlo!
Ma forse spiega il perché siamo diventati un popolo che vuole essere esodato a tutti i costi e non ci importa troppo del resto: siamo in tanti a ritenere di non poter resistere oltre, poi alla fine resistiamo pure però è dura.
Ci ricordiamo bene quella ricerca. Come ci ricordiamo il rapporto dell’Agenzia Italiana per il Farmaco che dice come siano più 12 milioni gli italiani che ricorrono a psicofarmaci, ovvero circa il 30% della popolazione adulta. Un dato estremamente allarmante, di una gravità inaudita e trasversale all’intero paese: occupati, disoccupati e pensionati tutti. I problemi della nostra società sono enormi e ogni soluzione non può che essere parziale. Ma chi come noi crede che il meglio sia nemico del bene, cerca nella parzialità delle soluzioni un concreto intervento a favore di chi rappresenta e non la soluzione onnicomprensiva, semplice, rapida e salvifica che però molto spesso ha il difetto di non esistere.
Proprio per questo ascoltiamo ogni commento e rispondiamo a ciascuno di essi (unico caso tra tutte le organizzzioni sindacali aziendali e non) in maniera argomentata e puntuale, anche a fronte della reiterazione delle stesse argomentazioni; e farlo di sabato, di domenica, di sera e di notte può essere definito in molti modi, ma “alterigia” ci sembra uno dei meno adatti.
Nessuna alterigia, dunque. Solo la necessità della chiarezza e il richiamo agli elementi non comprimibili o eliminabili dal contesto. In questi tempi di galoppanti e opposti populismi (politici, ma non solo) sicuramente non è la via più popolare: tuttavia riteniamo che sia la migliore per affrontare e risolvere davvero le serissime questioni che nostro malgrado dobbiamo gestire.
Quanto è vero!
Mi sembra di capire che la tempistica delle uscite sarà piuttosto a breve, almeno per le banche venete. La cosiddetta seconda fase si svilupperà in un arco temporale di qualche mese o potrebbe andare avanti anche anni,?
Le tempistiche sono indicativamente (l’accordo non c’è ancora) quelle esposte nel comunicato. Completamento delle uscite per le ex Venete entro l’anno e immediatamente a seguire quelle di Intesa Sanpaolo. Quindi mesi e non anni.
Con i soldi dei riscatti delle lauree dei dipendenti delle venete sarebbero andati in esubero tante altre persone di Intesa, ma visto che dobbiamo tutelare soprattutto i dipendenti delle altre banche andiamo avanti così e ringraziamo i sindacati che ci tutelano e ci dicono di lavorare in serenità perché siamo fortunati! Ma le disugusglianze restano.
Il riscatto della laurea è un diritto di ciascun lavoratore del paese e se esercitato dà diritto a un anticipo del diritto pensionistico. E’ un diritto individuale e oneroso per il lavoratore che lo esercita. In altre parole se lo paga da sè e lo può fare chiunque sia laureato: vale per i dipendenti di ex Venete, di Intesa Sanpaolo, di FIAT, di Telecom, dell’aziendina sotto casa. Non ci sono interventi pubblici in questo e non ci sono disuguaglianze.
Per la ricerca di soluzioni migliori rimandiamo a quanto analizzato in risposta a Rosella.
Peccato che nella maggior parte dei casi non ti permette di avvicinare nemmeno di un giorno l’età della pensione, perché il vincolo anagrafico lo impedisce. In questo caso invece servirebbe ad avvicinarsi concretamente all’agognato traguardo sempre più distante.
Assolutamente vero. Tuttavia è comunque doveroso esplorare tutte le strade che potrebbero consentire l’anticipo della finestra pensionistica anche per piccoli numeri.
Vorrei allora un chiarimento su un caso pratico: non avendo riscattato la laurea la mia finestra pensionistica è il 1.2.2022 ( requisito anagrafico ) tuttavia se la Banca usufruisse della facoltà iscritta nella Legge di Stabilità potrebbe riscattare la mia laurea ( con grande vantaggio economico rispetto ad un ipotetico accompagnamento di 3-4 anni ) e a quel punto la mia finestra pensionistica diventa 1.7.2018 ( requisito anni di contribuzione ) la domanda è SI HA INTENZIONE DI PROCEDERE IN TAL SENSO? Grazie
Come da risposta precedente, la verifica sulla questione della contribuzione del periodo di laurea sarà oggetto di apprfondimento alla ripresa della trattativa.
Io personalmente se ci fossero i sette anni anche per intesa e la possibilità di far valere anche il riscatto di laurea, con i cinque e basta no. Cosa vuoi che ti dica? darò testate sul muro per cinque anni. Battute a parte comunque mi sembra discriminatorio, visto che ora siamo tutti nello stesso gruppo.
Purtroppo l’assunto su cui si basa la richiesta di uguale durata per il fondo, ovvero “siamo tutti uguali / siamo tutti nello stesso gruppo” non è vera. E non è vera per due ordini di motivi.
Il primo – come abbiamo cercato di spiegare in moltissime risposte – è che le autorità di vigilanza sovranazionali (BCE e UE) per consentire il salvataggio con denaro pubblico delle ex Venete (quindi realizzando l’unica alternativa ai licenziamenti) hanno messo il vincolo non eludibile che almeno 1.000 uscite debbano avvenire in quel perimetro. Da questo ne discende che nelle ex Venete dovrà uscire più del 10% del personale. Di conseguenza in Intesa Sanpaolo potranno uscire 2.900 persone, ovvero meno del 5% del personale. Questo è il punto non negoziabile. Qualsiasi idea che consente di utilizzare la medesima durata per ottenere in due ambiti distinti uscite pari a più del 10% del personale in uno e meno del 5% nell’altro è non solo bene accetta, ma attesa con ansia. Ovviamente non rientra in questa categoria la riproposizione per l’ennesima volta di “tutti uguali”.
Il secondo è che Intesa Sanpaolo NON ha acquistato dei Rami d’Azienda, ma ha rilevato alcune attività e passività di due Gruppi Bancari in liquidazione coatta. Le differenze giuridiche sono notevoli, non solo dal punto di vista degli obblighi di Intesa Sanpaolo nei confronti dei creditori delle ex Banche, ma anche dei colleghi delle ex Banche per i quali occorre trovare soluzioni contrattuali inedite. Soluzioni inedite perché è la prima volta in assoluto che ci si trova di fronte a un passaggio di questo genere che non è un’incorporazione, non è un’acquisizione di rami d’azienda, è una “cosa” nuova per la quale si è reso necessario un Decreto d’urgenza (in attesa di conversione) sotto vincoli BCE e UE. La situazione attuale per questi colleghi è la totale sospensione di tutte le norme dei loro (ex) integrativi e la pura applicazione del CCNL. E’ quindi fuori di ogni dubbio che non siamo di fronte a un unico bacino, nemmeno dal punt odi vista contrattuale. Solo doppo aver esaurito la fase di emergenza, degli esodi e della riorganizzazione minima, occorrerà naturalmente avviare un graduale processo di integrazione dei nuovi colleghi nel sistema contrattuale di Intesa Sanpaolo.
Scrivo a chi si cela dietro Fisac: ogni accordo, ogni contratto che firmate dovete sempre difenderlo a spada tratta, pensando che i lavoratori siano persone senza cervello. Ma ce la fate una buona volta a riconoscere i VOSTRI ERRORI. Se i vs iscritti si lamentano sono tutti idioti che non hanno capito?
Nessuno si cela dietro la FISAC. Questa è una pagina ufficiale e non riporta opinioni personali, ma la linea comune dell’organizzazione. Se sei interessato a confrontarti singolarmente con qualcuno della Segreteria di Gruppo, i nomi sono noti e i loro riferimenti anche. In ogni caso li trovi qui: http://www.fisac.net/intesasanpaolo/doc/gispsegreteria.pdf
Detto questo, per poterli riconoscere, sarebbe comunque utile sapere nel dettaglio quali sono i nostri errori rispetto a questa situazione. Ovviamente corredati da un elenco di fatti e cause che li rendono tali e da concrete soluzioni alternative, complete dei processi per renderle attuabili.
E’ prevedibile, o meno, che venga sfruttata la possibilità’ consentita dalla legge di Stabilita’ di destinare risorse del Fondo per il riscatto della laurea ( cosa peraltro che converrebbe grandemente alla Banca che sosterrebbe una spesa nettamente inferiore ai corrispondenti anni di accompagnamento ) ? Grazie
Questo sono questioni che verranno affrontate nel corso della trattativa.
Basta leggere i miei messaggi per capire quali sono i Vostri errori, ma comunque ora non ha più importanza, perché ormai il danno è fatto. Scrivo questo che è il mio ultimo messaggio perché da domani non sarò più un iscritto di questo sindacato.
P.S. Voi sindacalisti non siate sempre presuntuosi nel pensare che tutto ciò che fate sia sempre il meglio, ma abbiate l’umiltà di ascoltare chi lavora e conosce i problemi.
E’ sempre un peccato quando un lavoratore decide di uscire dal Sindacato. Ed è sempre responsabilità del Sindacato e di nessun altro non riuscire a rappresentare tutti e non comporre tutte le diverse esigenze e aspettative. E’ comunque una piccola consolazione quella di vedersi lasciati perché si è deciso di difendere l’esistenza del lavoro prima delle singole specificità del lavoro, o meglio perché si sono impediti dei licenziamenti invece di permetterli per consentire un maggior numero di prepensionamenti.
Basta con questa storia dei licenziamenti: fate proprio finta di non capire o che cosa? Ripeto per chi non ha compreso: NESSUNO VUOKE I LICENZIAMENTI , MA UGUALE TRATTAMENTO. CI SISMO CAPITI ADESSO OPPURE HO SCRITTO IN ARABO? TUTTI UGUALI.
Ti assicuriamo che la tua richiesta è chiarissima. Il punto è come realizzarla. Infatti le autorità di vigilanza sovranazionali (BCE e UE) per consentire il salvataggio con denaro pubblico delle ex Venete (quindi realizzando l’unica alternativa ai licenziamenti) hanno messo il vincolo non eludibile che almeno 1.000 uscite debbano avvenire in quel perimetro. Da questo ne discende che nelle ex Venete dovrà uscire più del 10% del personale. Di conseguenza in Intesa Sanpaolo potranno uscire 2.900 persone, ovvero meno del 5% del personale. Questo è il punto non negoziabile. Qualsiasi idea che consente di utilizzare la medesima durata per ottenere in due ambiti distinti uscite pari a più del 10% del personale in uno e meno del 5% nell’altro è non solo bene accetta, ma attesa con ansia. Ovviamente non rientra in questa categoria la riproposizione per la sesta o settima volta di “tutti uguali”.
Il Gruppo Intesa Sanpaolo ha acquisito rami d’azienda inerenti due banche in situazione di dissesto, probabilmente per ragion di Stato, evitando la procedura liquidatoria ed il rischio di licenziamenti di massa. Il nostro gruppo bancario è frutto di numerose riorganizzazioni che hanno nel tempo interessato entrambi i precedenti gruppi (Intesa BCI e Sanpaolo); noi colleghi ISP abbiamo già abbondantemente pagato i vari riassetti, in termini di avanzamenti professionali, mobilità, premi, mancate assunzioni, ecc.
Non trovo assolutamente giusto e coerente che noi si venga coinvolti anche per questa operazione, magari tutelando a nostro discapito posizioni privilegiate presso le due banche acquisite. Mi riferisco in particolare a nostri ex colleghi che passarono alle due banche in questione beneficiando di significativi incentivi economici.
Se la Banca ha raggiunto risultati lusinghieri negli ultimi anni fino a diventare una delle più solide d’Europa è anche per merito nostro.
Cordialità.
Solo alcune precisazioni. Intesa Sanpaolo NON ha acquistato dei Rami d’Azienda, ma ha rilevato alcune attività e passivatà di due Gruppi Bancari in liquidazione coatta. Le differenze giuridiche sono notevoli, non solo dal punto di vista degli obblighi di Intesa Sanpaolo nei confronti dei creditori delle ex Banche, ma anche dei colleghi delle ex Banche per i quali occorre trovare soluzioni contrattuali inedite. Soluzioni inedite perché è la prima volta in assoluto che ci si trova di fronte a un passaggio di questo genere che non è un’incorporazione, non è un’acquisizione di rami d’azienda, è una “cosa” nuova per la quale si è reso necessario un Decreto d’urgenza (in attesa di conversione) sotto vincoli BCE e UE.
La situazione attuale per questi colleghi è la totale sospensione di tutte le norme dei loro (ex) integrativi e la pura applicazione del CCNL. E’ quindi fuori di ogni dubbio che non si sta tutelando nessun privilegio (qualora lo si voglia considerare tale) e anzi non è in vigore nessuna normativa che non necessariamente era un privilegio.
E’ assolutamente ovvio che il successo di Intesa Sanpaolo è anche merito dei suoi dipendenti: ne siamo tutti assolutamente convinti (e orgogliosi) e lo ribadiamo in ogni occasione, come è testimoniato da moltissimi documenti su questo sito. Tuttavia non si può nemmeno considerare i dipendenti delle ex Venete come i responsabili del dissesto generato dai comportamenti truffaldini dei vertici aziendali, che non a caso si sta cercando di perseguire penalmente.
Esaurita la fase di emergenza, degli esodi e della riorganizzazione minima, occorrerà naturalmente avviare un graduale processo di integrazione dei nuovi colleghi nel sistema contrattuale di Intesa Sanpaolo.
Buongiorno, nel caso nel perimetro banche venete non venga raggiunto il numero di 1000 esodi,cosa succede. Grazie e complimenti per le utili precisazione
Al momento non è possibile una rispsota tecnica e definitiva. Di certo, poiché il numero di 1.000 persone è un dato vincolante posto come prerequisito per il perfezionamento dell’operazione, questo numero dovrà essere raggiunto. Nel caso in cui non venga raggiunto in prima battuta, starà alla trattativa trovare le soluzioni e gli strumenti possibili per reggiungerlo.
Buongiorno,per le persone con invalidità civile le finestre sono uguali o ci sono delle indicazioni diverse?
L’ordinamento riconosce alcune particolari agevolazioni previdenziali nei confronti degli invalidi.
Pensione di Vecchiaia Anticipata
In particolare i lavoratori con una invalidità non inferiore all’80% possono ottenere il trattamento di vecchiaia a 60 anni se uomini e a 55 anni se donne purché in possesso di almeno 20 anni di contributi ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 8 del Dlgs 503/1992 (cfr: Circolare Inps 35/2012). Dal 2013 i predetti requisiti si adeguano alla stima di vita e pertanto nel triennio 2016-2018 risulta necessario raggiungere 60 anni e 7 mesi per gli uomini e 55 anni e 7 mesi per le donne. Questi lavoratori devono inoltre attendere l’apertura di una finestra mobile di 12 mesi per ottenere il primo rateo pensionistico a differenza di quanto accade attualmente nella normativa generale che ha soppresso le finestre annuali.
Questa norma risulta attiva però solo per i lavoratori dipendenti del settore privato, lavoratori iscritti cioè all’Assicurazione Generale Obbligatoria e ai fondi di previdenza sostitutivi dell’AGO (per questi ultimi si veda la Circolare Inps 82/1994), in possesso di contribuzione al 31.12.1995 (cioè che sono nel sistema misto, cfr: Circolare Inps 65/1995). Il beneficio, pertanto, non può essere esercitato dai lavoratori autonomi né dai pubblici dipendenti (su questo ultimo punto si veda la Circolare Inpdap 16/1993).
Si ricorda che per ottenere il trattamento in parola il richiedente deve sottoporsi ad una visita medica presso le commissioni sanitarie dell’Inps ancorché sia stato riconosciuto invalido civile. Ciò in quanto, secondo l’Inps, l’invalidità per il beneficio in parola deve essere valutata ai sensi della legge 222/1984 (cd. invalidità specifica) e non ai sensi della legge 118/1971 sull’invalidità civile (cd. invalidità generica). Pertanto, il riconoscimento eventualmente già operato in sede di invalidità civile costituisce solo un elemento di valutazione per la formulazione del giudizio medico legale da parte degli uffici sanitari dell’Istituto (Circolare Inps 82/1994) e non determina necessariamente la concessione del beneficio.
La maggiorazione contributiva per i lavoratori invalidi
Un ulteriore beneficio per i lavoratori dipendenti invalidi è riconosciuto dall’articolo 80, comma 3 della legge 388/2000 che consente ai lavoratori sordomuti, agli invalidi civili per qualsiasi causa ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74 per cento o assimilabile, agli invalidi di guerra, civili di guerra e gli invalidi per causa di servizio nel rapporto di pubblico impiego con le Amministrazioni statali o gli Enti locali, con invalidità ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (DPR 915/1978), di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa.
Il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa e risulta utile sia ai fini del diritto alla pensione che alla determinazione della sua misura per le anzianità soggette al calcolo retributivo. Mentre risulta utile solo ai fini del diritto alla pensione per le anzianità soggette al calcolo contributivo. Con questo beneficio, ad esempio, un lavoratore che ha svolto 12 anni di lavoro effettivo con una percentuale di invalidità superiore al 74% potrà contare su un “bonus” contributivo di due anni. Che potrà utilizzare, ad esempio, per guadagnare la pensione anticipata con due anni di anticipo.
La maggiorazione di anzianità riconoscibile a questi lavoratori spetta però per i soli periodi di attività alla dipendenze delle pubbliche amministrazioni o delle aziende private, con esclusione, pertanto, dei periodi coperti di contribuzione volontaria, figurativa o derivante da riscatto non correlato ad attività lavorativa, nonché della generalità dei lavoratori autonomi. Inoltre non è cumulabile con altre maggiorazioni convenzionali della contribuzione per la medesima menomazione (in particolare l’abbuono contributivo di 4 mesi per ogni anno di lavoro riconosciuto ai lavoratori non vedenti; cfr: Circolare Inpdap 36/2003).
L’attribuzione del beneficio in parola è gratuita ma non avviene automaticamente: il lavoratore deve presentare apposita richiesta, corredata da idonea documentazione (Circolare Inps 29/2002; Circolare 92/2002).
Per approfondire le tue specifiche questioni previdenziali puoi contattare il nostro esperto giampiero.reccagni@intesasanpaolo.com
Grazie mille per la risposta
visto che trattatativa e’ mediazione non si puo’ proporre sei anni x tutti? e cosi’ tutti sono davvero rappresentati?!!!!
La trattativa è mediazione, tranne per quanto è definito dalle autorità di vigilanza che hanno dato il via libera (condizionato ai vincoli che hanno posto) all’operazione ex banche Venete.
E se uno dei vincoli è che ci devono essere almeno 1.000 uscite dalle ex Banche Venete, questo non è oggetto di trattativa, perché non è nelle disponibilità né del Sindacato, né della Banca.
Fare un esodo a 6 anni per tutti significherebbe non raggiungere la quota 1.000 nelle ex Venete (semplicemente perché non ci sono mille pensionabili in quell’ambito da qui a 6 anni) e per contro aumentare la platea di Intesa Sanpaolo che già a 5 anni vede una platea di circa 6.000 pensionabili, ovvero il doppio di quanti devono uscire (con l’ovvio e già ribadito effetto che già così molte domande di coloro che maturano il diritto entro il 2022 in Intesa Sanpaolo saranno respinte perché eccedenti rispetto al numero di esuberi da realizzare).
prevedere il ricorso al contratto di solidarietà espansiva per i dipendenti di ISP, che pur avendo la finestra entro il 31/12/2022, non rientrano nei 2900 potrebbe essere oggetto della trattativa ?
Sicuramente la gestione del “post accordo” di esodo prevederà una serie di incontri di verifica e “aggiustamento” sul campo. Inquella sede, anche sulla scorta dei numeri concreti di quanti saranno stati esclusi, si valuteranno tutte le soluzioni percorribili.
Premesso che di questa faccenda non ci sto capendo molto, volevo fare una domanda: le 6.000 persone che maturano i requisiti entro fine 2022 in che modo sono state quantificate, visto che ancora non si e’ al corrente di quanto sara’ adeguata l’aspettativa di vita nel 2019 e tanto mento nel 2021? Tenendo conto di un incremento di 7 mesi rispetto agli attuali i 41 anni e 10 mesi di contribuzione per le donne e 42 e 10 mesi per gli uomini ?
Il numero di 6.000 è un numero approssimativo, ottenuto tenendo conto degli allungamenti previsti, ad invarianza di normativa. In ogni caso l’accordo definirà una data ultima entro la quale deve essere raggiunto il diritto pensionistico e tutti coloro che lo raggiungeranno entro tale data potranno fare domanda. Saranno però accolte solo le domande suffcienti a raggiungere il numero di esodi previsti per il perimetro di riferimento (2.900 in Intesa Sannpaolo), secondo il criterio di maggior vicinanza al diritto pensionistico.
servira’ aggiornamento Ecocert, come nel 2011, o i dati aziendali sono in linea con quelli INPS, con gli eventuali aggiornamenti? grazie
In linea di massima i dati in possesso dell’Azienda (relativamente al perimetro Intesa Sanpaolo) dovrebbero essere allineati con quelli INPS: infatti già alcuni anni fa l’Azinda aveva chiesto delega a tutti i suoi dipendenti nati entro il 1960 per ottenere l’Ecocert presso l’INPS. Tuttavia questo è uno degli aspetti tecnici che verrà definito compiutamente nell’ambito della trattativa.
inserire la clausola salvo diritti acquisiti ,se cambia la legge vedi F
fORNERO andiamo nel limbo esodati antonio
Per fortuna almeno quel problema lì non c’è più. Dopo la “questione” Fornereo, e proprio a causa di quella, l’accesso all’esodo deve essere “certificato” dall’INPS che si rende garante in capo al singolo collega dell’applicazione anche pro futuro dei diritti che ha nel momento in cui ha sottoscritto la sua adesione.
scusatemi, ma ci capisco sempre meno, cosa significa invarianza di normativa? Mi sembra, ma posso sbagliarmi, che la normativa sull’aspettativa di vita per il 2019 verra’ stabilita nel 2018 e quella per il 2021 non si sa. Come si prevede, quindi di stabilire l’eta’ al diritto pensionistico?
Invarianza di normativa, nel senso che per quanto improbabile, è comunque sempre possibile che tra qui e il 2022 subentri qualche riforma previdenziale: ovviamente le previsioni di uscita si possono invece fare solo dando per scontata “l’invarianza normativa”.
Come detto in una risposta precedente, dopo il caso del “buco” previdenziale causato agli esodati (di tutti i settori) dalla riforma Fornero (che ha costretto a una estenuante serie di “salvaguardie” rifinanziate con le leggi di stabilità di anno in anno), l’INPS è diventato soggetto certificatore della possibilità in capo al singolo collega di aderire all’esodo. Ovviamente tutte le questioni tecniche legate a questi e altri aspetti verranno affrontate nella trattativa e dettagliate nel testo dell’accordo, in modo da mettere i colleghi nelle condizioni di effettuare la propria scelta avendo a disposizione tutti gli elementi di conoscenza.
In caso di uguale vicinanza al diritto pensionistico, in base a quale criterio si accoglieranno o meno le richieste nei numeri previsti?. Per quelli che vedranno respinta la richiesta verrà fatto un piano progressivo di uscita o “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”?
Sono argomenti negoziabili in questa trattativa?
Il primo caso è di facile gestione: la medesima identica distanza dalla finestra pensionistica a cavallo esattamente di 2.9000 persone è un evento che riguarda necessaramente un numero molto piccolo di colleghi (nell’ordine delle unità) e certamente sarà possibile introdurre una clausola che preveda che tutti costoro siano inseriti nell’esodo.
Nel secondo caso la questione è decisamente più complessa, partendo dall’assunto che gli esodi di Intesa Sanpaolo sono una “risulta” di quelli che non è tecnicamente possibile fare nelle ex Venete per insufficienza di quella platea. E’ bene ricordare sempre, che in Intesa Sanpaolo non erano previsti esuberi, in nessuna misura, nemmeno minima. Certamente nella trattativa la questione verrà affrontata (sia nella trattativa propedeutica all’attivazione degli esodi che – sopratutto – nella trattativa di verifica dell’applicazione dell’accordo), ma ad oggi è impossbile prevedere con quale successo.
Ne abbiamo parlato con altri colleghi. Sono tutti d’accordo sulla discriminazione per gli esodi tra noi e le Venete. L’eguaglianza è ormai una cosa rara. Ognuno si aggiusta la torta come meglio conviene…. compresi i sindacati. Ho letto le risposte ma non sono pertinenti a quello che chiedono i colleghi. Il solito giro di parole inutili che non danno ormai risposte certe. Date le colpe al Governo, ma voi che fate per difendere i diritti di tutti? Abbiamo perso tutto, anche il legittimo. Penso che alla fine non tutti accetteranno considerato che incentivi non ce ne sono e molti colleghi hanno ancora figli disoccupati, ma è implicito che per una partenza tutti siano sulla stessa linea e non figli e figliastri.
Sarebbe importante definire che cosa sono le questioni “non pertinenti” che abbiamo posto.
Crediamo che il dissesto delle ex banche Venete e – per contro – l’assenza di esuberi in Intesa sanpaolo sia un fatto pertinente. Così come il fatto che il Governo abbia stanziato 1,3 miliardi di € pubblici per pagare la gestione degli esuberi nelle ex Venete lo sia. Allo stesso modo lo è il fatto che l’BCE e UE per autorizzare questo stanziamento di denaro pubblico (e fare finta che non sia quello che è, ovvero un aiuto di stato molto in bilico rispetto alle regole dell’Unione Bancaria) ha preteso che gli esuberi fossero concentrati per il massimo possibile (fino al limite estremo che non fossero i licenziamenti) dove si è verificato il dissesto e non nell’azienda sana.
Ecco tutti questi sono fatti molto pertinenti e non aggirabili. Il fatto che producano effetti spiacevoli non è in dubbio e nessuno lo ha mai contestato. Ma non ha nulla a che vedere con l’uguaglianza perchè si riferisce ad ambiti che sono distinti e separati e hanno problamtiche industriali non solo distinte, ma assolutamente divaricate.
Qui non si tratta di dare colpe a qualcuno, se non agli amministratori delle due ex banche Venete che non solo hanno dissestato le loro aziende, ma messo a rischio l’intero sistema bancario italiano, rischio per evitare il quale la finanza pubblica è stata costretta a un nuovo sforzo di cui certo non si sentiva il bisogno. Come ricaduta per i colleghi di Intesa Sanpaolo (irrilevante a livello generale, ma molto importante a livello locale) ci sarà la possibilità di accedere a una quota di esodo, cosa che in assenza dell’acquisizione ex Venete NON ci sarebbe stata del tutto, visto che come noto e ribadito in ogni sede, in Intesa Sanpaolo non c’erano esuberi.
Se il governo ha stanziato 1,3 miliardi pubblici per pagare 4000 esuberi per 7 anni, penso che non verranno spesi tutti (non tutti sono a 7 anni dalla pensione)
No. Il governo ha stanziato 1,3 miliardi per pagare non solo i 3.900 esuberi, ma anche i costi di ristrutturazione derivanti dall’incorporazione di una (anzi 4) reti dissestate, di due società consortili che fanno le stesse cose che fa ISGS, dell’uniformazione informatica e procedurale, delle chiusure di 600 sportelli e così via. Costi che ben difficilmente saranno coperti integralmente dal 1,3 miliardi stanziati. Gli analisti più avveduti hanno stimato in almeno due anni il tempo necessario per portare in attivo le quote assorbite dalle ex Venete e questo nonostante gli stanziamenti pubblici. Questo tra l’altro spiega molto bene come mai non ci sia stata la fila per aggiudicarsi il “regalo” delle ex Venete fatto al miglior offerente…
E spiega altrettanto bene come mai la situazione attuale per questi colleghi è la totale sospensione di tutte le norme dei loro (ex) integrativi e la pura applicazione del CCNL. E’ quindi fuori di ogni dubbio che non si sta tutelando nessun privilegio e anzi non è in vigore nessuna normativa anche tra quelle che non necessariamente era un privilegio. Tuttavia non si può nemmeno considerare l’insieme dei dipendenti delle ex Venete come i diretti responsabili del dissesto generato dai comportamenti truffaldini dei vertici aziendali, che non a caso si sta cercando di perseguire penalmente. Esaurita la fase di emergenza, degli esodi e della riorganizzazione minima, occorrerà quindi avviare un graduale processo di integrazione dei nuovi colleghi nel sistema contrattuale di Intesa Sanpaolo.
Scusa, non ho parlato di privilegi, ho solo fatto una considerazione sulla cifra, grazie per il chiarimento
Si scusa tu. Hai perfettamente ragione: tu non vi hai fatto riferimento. E’ che la risposta alla tua osservazione si è “intersecata con un’altra di replica a chi a questi privilegi faceva riferimento. E se avrai la voglia/pazienza di scorrere tutta la serie di commenti precedenti al tuo vedrai che di riferimenti a questi “privilegi” ce ne sono parecchi…
Scusaci ancora.
Visto che siamo ancora in fase di ipotesi, e che il maggiore scontento mi pare di capire che siano i 7 anni dati alle Venete, non si potrebbe prendere in considerazione per gli altri un uscita di tipo 3+4 o 4+3?
Ad esempio concedere pei prossimi 3 anni un bonus di 4 o per i prossimi 4 un bonus di 3: in questo modo per l’azienda si avrebbe certo una riduzione di costi perchè non si accolla un bonus secco di 5 anni, si arriverebbe all’arco temporale del 2024 come per le Venete, e i colleghi si sentirebbero più “rassicurati” dal sapere che magari ,,se non possono uscire subito, lo potranno fare entro 3 o 4 anni……non sarebbe poca cosa.
Guarda, una cosa è lo scontento dei colleghi (e il DOVERE del sindacato di rappresentarlo e di cercare le soluzioni migliori per ridurlo) e un’altra sono i vincoli non aggirabili entro i quali muoversi.
Proviamo e riformulare in modo diverso la spiegazione del motivo per cui ben difficilmente si potrà ampliare la platea di coloro che effettivamente andranno in esodo dal perimetro di Intesa Sanpaolo, ovvero circa 3.000 persone. Che ovviamente è cosa diversa dall’ampliare la platea di coloro che potranno fare domanda di adesione all’esodo. E’ infatti del tutto evidente che ampliare una platea di possibili richiedenti fino a 7 anni, mantenendo fermo il numero di domande che verranno accolte NON costituisce alcuna difficoltà, proprio perché non ha alcun effetto pratico.
Quindi fatto salvo che ampliare la platea è sostanzialmente irrilevante, vediamo di chiarire perché sono 3.000 gli esodi in Intesa Sanpaolo e non un qualsiasi altro numero. Gli esodi sono tremila perchè viene “girato” su Intesa Sanpaolo il numero di esodi che NON può essere fatto nel perimetro delle ex Banche Venete per mancanza in quel perimetro di pensionabili entro i 7 anni in numero superiore a 1.000. Lo spostamento su Intesa sanpaolo di 3.000 esodi dalle banche decotte a Intesa Sanpaolo di 3.000 esodi è il frutto di una dura trattativa che il Governo Italiano (quello che ci mette i soldi) SU PRESSIONE DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DI SETTORE ha condotto con BCE e UE per evitare il licenziamento degli esuberi delle ex Venete che fossero in eccedenza rispetto alle quote gestibili con il Fondo di Settore (appunto i pensionabili da qui a sette anni). Quindi gli esuberi in Intesa Sanpaolo sono 2.900 in quanto sono la “risulta” degli esuberi delle ex Venete (quantificati dagli organismi di vigilanza in 3.900) meno i colleghi delle ex Venete che possono (di fatto devono) accedere al Fondo di solidarietà (quantificati in 1.000). I 3.900 esuberi (come peraltro la chiusura di 600 filiali IN QUELL’AMBITO E NON ALTROVE erano la condizione vincolante per il via libera al “salvataggio”. E’ importante ribadire che solo una dura trattativa ha consentito di spostare una parte consistente (in realtà la stragrande maggioranza) degli esuberi (ma NON delle chiusure di sportelli) dalle aziende malate a quella sana. Se NON fosse stato così avremmo avuto 1.000 esuberi nelle ex Venete (tutti i colleghi esodabili), 2.900 licenziamenti nelle ex Venete (per raggiungere il numero di 3.900 uscite da quel perimetro) e 0 esuberi in Intesa Sanpaolo
Stando così le cose (e questi sono fatti verificabili, ad esmpio anche tramite i molti organi di stampa dai più diversi orientamenti che si stanno occupando della vicenda), è evidente come gli esuberi in Intesa Sanpaolo siano “industrialmente” pari a zero e come prefigurare oggi ipotesi di prelazione rispetto a ipotetici esuberi futuri sia un’operazione del tutto improbabile.
Una domanda: i circa 1.500 colleghi che, maturando il diritto pensionistico entro il 31.12.2018, hanno aderito nei mesi scorsi al “pensionamento incentivato” sono compresi nella platea dei 6.000? Di fatto, se lo fossero, poiche’ e’ presumibile che la stragrande maggioranza di costoro non rinuncerebbero all’incentivo del 75% della RAL annua per chiedere un ingresso al Fondo senza incentivi, ed anticipando soltanto di pochi mesi l’interruzione del rapporto di lavoro, vorrebbe dire che la platea “reale” entro il 2022 sarebbe di circa 4.500. Grazie
Nella platea di 6.000 (ovviamente un numero approssimato) sono ricompresi anche quei colleghi che pur maturando il diritto pensionistico entro il 31/12/2018 NON hanno aderito all’accordo di pensionamento incentivato. Quelli che invece hanno aderito (circa 1.450 su circa 1.600) NON sono ricompresi nella platea di 6.000 che matureranno il diritto entro il 31/12/2022. Quindi la platea “reale” (per usare la tua definizione”) al 31/12/2022 è di circa 5.800 persone.
Non era questo che avevate scritto in febbraio, ma che un eventuale esodo sarebbe stato per tutto il personale, indipendentemente da adesioni a pensionamento incentivato, così come è sempre stato nel passato. Come mai ora si cambia?
E’ sempre stato così in passato, sempre tenendo contop dei vincoli di funzionamento del Fondo. Tra tali vincoli c’è lap revisione che nessun collega possa entrare nel fondo per una durata inferiore a sei mesi. E poichè gl ingressi nel Fondo per il perimetro ex Intesa Sanpaolo non potranno avvenire in ogni caso prima di inizio 2018 (bisogna in ogni caso che sia stata raggiunta la quota di usdcite delle ex Venete prima di partire con la raccolta delle adesioni ex Intesa Sanpaolo), è inevitabile che la stragrande maggioranza di coloro che hanno aderito ai pensionamenti volontari non potebbe comunque entrare nell’esodo. Da qui (da quante persone potrebbero realmente usufruirne) si valuterà la possibilità di convertire i pensionamenti volontari in esodi.
In conclusione con BCE CE Stato è stato concordato – recependo anche le vostre pressioni – di ridurre “obbligatoriamente” i dipendenti delle Casse Veneto di 1.000 unità (esuberi 7 anni) – invece dei 4.000 inizialmente previsti (con il rischio di licenziamenti) – con possibilità di individuare i 3.000 mancanti tra ISP. Non capisco perché questi elementi non sono stati chiaramente evidenziati nei recenti comunicati (evitando fraintendimenti) atteso che gli esuberi Veneto sono indicati come “volontari” quando invece come precisato sono “obbligatori” (visto che i potenziali interessati sono poco superiori ai 1.000 obbligatori). Forse poteva essere fatta una ripartizione più equilibrata tra Veneto e ISP. Grazie per le precisazioni rispetto ai comunicati ufficiali forniti.
I recenti comunicati (come peraltro gli organi di stmpa) hanno evidenziato questi aspetti. Forse non in maniera suffcientemente chiara: tieni comunque presente che per chiarirlo (spero) in questa sede (fatta di domande e risposte, quindi in un contesto che dovrebbe rendere più facile la comprensione) ci son voluti finora oltre 70 commenti che copiati e incollati uno di seguito all’altro crediamo occuperebbero decine di pagine…
Quanto alla diversa ripartizione tra ex Venete e ex Intesa Sanpaolo, nei fatti non sarebbe stata possibile perché, proprio per le ragioni che riporti anche tu (quelle stesse che i 70 commenti avrebbero dovuto chiarire), NON si è trattata di una ripartizione basate su criteri di equilibrio, ma di una semplice sottrazione di tutti quei colleghi che potevano ragionevolmente essere fatti uscire dalle ex Venete (senza arrivare ai licenziamenti) con il conseguente spostamento delle uscite rimanenti su Intesa Sanpaolo.
Quello che evidenziavo è che se il Sindacato indicava per le ex Veneto un numero di esuberi nell’ambito di un attivazione del fondo per 5 anni (invece di 1000 potevano essere in proporzione circa 720 dipendenti) non ci sarebbe oggi uno “stridente” trattamento con il dipendente ISP.
Forse la situazione sarà in parte riequilibrata con gli esuberi che ISP evidenzierà nel prossimo piano industriale; questa volta a suo carico. Esuberi che sicuramente ci sono (es: Banca 5).
Il punto che abbiamo cercato di spiegare è proprio questo: NON era possibile ridurre ulteriormente il numero delle uscite dalle ex Venete perché la posizione di partenza degli enti di Controllo UE era che TUTTE le uscite dovessero avvenire dal perimetro ex Venete. Solo l’evidenza che questa gestione avrebbe comportato 2.900 licenziamenti e la dura presa di poszione sindacale in proposito hanno consentito di spostare il 75% (non proprio una percentuale irrilevante) degli esuberi dalle ex Venete a Intesa Sanpaolo.
Per quanto attiene agli esuberi futuri di Intesa Sanpaolo… è evidente che il Sindacato NON può sperare (o peggio, chiedere) la riduzione del personale. E questo non solo per le ovvie considerazioni sul depauperamento complessivo di un paese già in grande difficoltà, ma proprio perché nel medio periodo un’azienda che continua a contrarsi diventa un problema non da poco per la sua stessa tenuta. Ciò detto, se dovesse realizzarsi la necessità di procedere con ulteriori uscite a seguito del nuovo piano industriale, queste certamente dovranno essere gestite interamente a carico dell’azienda e quindi con tutti gli spazi negoziali privi di vincoli esterni.
Buongiorno, forse devio un po’ dall’argomento ma probabilmente riduco un po’ la platea interessata all’esodo. Chiedo se è vero che come esodato non si possono recuperare le spese sia mediche ma soprattutto le spese di ristrutturazione nel 730 nel periodo di permanenza nel fondo?
grazie
Si. Per la normativa fiscale italiana chi percepisce un assegno di sostegno al reddito (e tale è l’assegno del Fondo Esuberi), e considerato fiscalmente privo di reddito. E chi è privo di reddito non può dedurre dal reddtito (che non ha) le spese mediche, di mutuo, di ristrutturazione e così via. Tuttavia, poichè è senza reddito, può essere messo a carico fiscale dell’eventuale coniuge con reddito: questo comporta il riconoscimento al coniuge delle deduzioni per coniuge a carico (che ammontano ad alcune centinaia di euro annuali, ovviamente da quantificare caso per caso sulla base del reddito del dichiarante), nonchè la possibilità di dedurre alcune spese (ad esempio quelle mediche, ma non il mutuo o le ristrutturazioni) del coniuge a carico.
scusa se insisto ma io che ho aderito al pensionamento incentivato con uscita al 1 settembre, cioè ho 8 mesi lavorativi nel 2018, ho qualche speranza di poter entrare nell’esodo, seppur di 6 mesi, rinunciando all’incentivo? immagino sia troppo difficile dirlo ora ?
Inoltre perché scrivi “si valuterà da quante persone potrebbero usufruirne “… non è meglio lasciare al singolo la scelta, in assoluto, e non dai numeri?
Si valuterà quante sono le persone che possono effettivamente usufruire di una possibile trasformazione. Se ad esempio fossero poche decine, perché (sempre ad esempio) la partenza del Fondo in Intesa Sanpaolo dovesse avvenire a marzo, allora i numeri non giustificherebbero tutte le procedure per smantellare le conciliazioni già firmate (per di più solo di quelli interessati a rinunciare all’incentivo a fronte di un’anticipo a quel punto di pochissimi mesi) per trasformarle in un’adesione al Fondo. Ma come dicevamo prima, sono ragionamenti del tutto prematuri.
Tu avrai 8 mesi lavorativi nel 2018 (che in realtà sono 7, visto che dovrai obbligatoriamente esaurire le ferie del 2018 prima del pensionamento o di qualsiasi altra uscita) se potessi entrare nel fondo al 1° gennaio 2018, cosa allo stato attuale dell’arte abbastanza improbabile, visto che ben difficilmente le uscite per il perimetro Intesa sanpaolo potranno essere attivate entro quella data. Quindi si, è assolutamente presto per poter fare adesso valutazioni compiute.
Una soluzione stile carife pareva brutta?? Avrebbero raggiunto e superato i 4.000 richiesti garantito al 100%!! Questo dovrebbe far riflettere su come si vive oggi il lavoro del bancario!! Invece di preoccuparvi tanto di quanto prima andar farci andar fuori dai co..co, lottate per ridare un po’ di dignità a questo lavoro dove amor proprio e auto stima sono stati calpestati.. Ecchecaspita.
Le ex Venete sono un caso molto differente da Carife. Per dimensione, livello dell’esposizione, numero dei risparmiatori e dei dipendenti coinvolti. La stessa soluzione di pura liquidazione coatta applicata in altri casi, avrebbe prodotto dissesti per tutto il settore creditizio, l’intero sistema economico del paese e pesanti ricadute occupazionali per i colleghi coinvolti. Quindi si, sarebbe stata brutta. E anche parecchio.
Tutto ciò detto, certo il ruolo del Sindacato non è quello di buttare fuori nessuno. Quello casomai lo fanno le aziende quando i loro manager le portano al dissesto oppure cercano la via più comoda all’incremento degli utili: tagliere il personale produce sempre un’impennata di utili nel breve, e poi se le cose non funzionano ci penserà qualcun altro. Nel caso di specie, primo fra tutti, il Sindacato. Quale sia la nostra posizione rispetto al fenomeno “esuberi” in banca è stato chiaramente esposto più sopra, nella risposta ad Annarita. Infine, ovviamente il prerequisito necessario per esercitare qualsiasi forma di dignità è il livello di sicurezza del lavoro. Sicurezza che esista, ma non solo: sicurezza che nel nostro Gruppo deriva dal più avanzato sistema di welfare contrattato esistente in Italia e del più articolato e ampio sistema contrattuale integrativo del paese. Sicurezza complessiva che è garantita anche dal quotidiano agire sindacale all’interno di Intesa Sanpaolo. E tutto ciò è testimoniato meglio di come potrebbero fare molte altre parole, proprio dagli eventi che ormai da anni stanno travagliando moltissime altre aziende del settore e dalla capacità di prevenirli che abbiamo costruito prima e difeso poi nel nostro Gruppo.
Ma di quale tutela occupazionale stiamo parlando? Si sente già parlare di mobilità territoriale. Io preferisco cento, mille volte avere 40 mesi di ammortizzatore come per carife, piuttosto che un lavoro a Messina o Nuoro ovvero a 500 / 1000 km di distanza da casa! Nel paese ove lavoro ci sono sia VB, PopVi e Isp. Che fine ci faranno fare porca p…. Senza tender conto che ci sono 3200 colleghi delle 2 DG da ricollocare! Penso proprio che di equo non ci sia nulla. Chi gode di privilegi come 7 o 5 anni di prepensionamento e chi paga prendendolo in c…o come sempre come me! Penso proprio che rimetterò la tessera sindacale. Saluti.
Ogni opinione è rispettabile, ci mancherebbe. Anche quella che preferisce un licenziamento accompagnato da un indennizzo di poco più di tre anni di stipendio alla conservazione del lavoro a tempo indeterminato. Certamente questa non è statisticamente la scelta preponderante. Peralto il sindacato non serve solo a determianre la conservazione dei posti di lavoro (quando riesce, e non ci riesce così spesso), ma anche una gestione del rapporto di lavoro dignitosa e accettabile. Siamo assolutamente convinti che come siamo riusciti nella difficile impresa di evitare i licenziamenti, saremo in grado di evitare le “deportazioni” a 500/1.000 km.
io sono rimasto sorpreso che vicino agli esuberi delle venete, Intesa abbia dichiarato 3000 esuberi di gruppo. esuberi vuole dire fuoriuscire lavoratori per abbassare i costi e pagare lauti premi di rendimento agli amministratori. il sindacato ha un valore se difende dalle politiche del lavoro contro i lavoratori. se oggi ti danno la pensione a tot anni di lavoro, ecco che assistiamo alle intemperanze di chi vuole e pretende agevolazioni e soldi di solidarietà dai colleghi che rimangono a lavoro, per lavorare meno anni, ed andare a casa a fare i….questi colleghi sono da mettere alla gogna, insisto si specula su colleghi toccati dal destino di lavorare per aziende decotte, una brutta storia. cercare la parità di trattamento per fare i propri comodi alle spalle di chi rimane e deve dare i soldi al fondo di solidarietà. un’altra brutta storia. vergogna
Tutta questa vicenda è estremamente complessa e molto, molto spiacevole.
Intesa Sanpaolo NON ha dichiarato esuberi, ma si è accollata la quota di esuberi che non poteva essere gestitasenza licenziamenti nelle ex Venete. I mancati licenziamenti dovrebbero far contenti i colleghi a rischio delle ex Venete.
Ma Intesa Sanpaolo per accollarsi questi esuberi, che di suo non aveva, ha preteso che il costo di questi esuberi fosse a carico pubblico, se no non avrebbe rilevato le ex Banche: questo dovrebbe far contenta Intesa. Ma in realtà Intesa non è detto che sia così contenta, perché quando si rilevano due aziende decotte di tali dimensioni, non è che basta alleggerire gli organici (e chiudere 600 sportelli). Bisogna rimettere in moto una macchina completamente disorganizzata e in gravissima crisi di fiducia all’interno e reputazionale (che per una banca è tutto) all’esterno: questo in effetti rende molto meno contenta Intesa Sanpaolo. E tra l’altro spiega perfettamente come mai nessuno (né dall’Italia, né dall’estero) si sia presentato ad offrire 2€ e ottenere così il “regalo” al posto di Intesa. In effetti tutti gli analisti concordano che per conseguire il break even (punto di pareggio dell’operazione, in cui la rete ex Venete tornerà in attivo) occorreranno più di due anni, più probabilmente almeno tre. E questo spiega a sua volta come mai NON è assolutamente possibile parlare di un unico perimetro tra Intesa sanpaolo ed ex Venete: si tratta di situazioni assolutamente distinte e nemmeno comparabili per organizzazione, cost/incame, prospettive commerciali. La loro integrazione è di là da venire. Questo rende scontenti i colleghi Intesa Sanpaolo che non possono andere in esodo nella misura in cui desidererebbero (perché per far funzionare la macchina, anche aseguito dei vincoli esterni, bisogna prima ridurre al massimo possibile il personale nelle reti – e direzioni centrrali – malate), ma anche i colleghi ex Venete, che come noto hanno visto azzerarsi tutta la loro contrattazione integrativa e per veder avviare un processo di integrazione contrattuale con il sistema Intesa Sanpaolo dovranno attendere che il processo di risanamento non solo sia partito, ma molto vicino alla sua conclusione.
In tutto questo il Sindacato ha esercitato un ruolo decisivo nell’evitare i licenziamenti, sta contrattando le migliori condizioni possibili di accesso all’esodo, e dovrà lavorare duramente per gestire una fase di integrazione che per gli ovvi motivi di cui sopra sarà spaventosamente difficile. In coda a tutto questo occorrerà una serissima riflessione sul management italiano e sui disastri che una parte di esso ha provocato, esponendo a rischi inimmaginabili risparmiatori e lavoratori. In qusti giorni ovviamente la priorità assoluta è quella di raccogliere i cocci e assicurarsi che nessuno resti indietro. Ma esaurita la fase emergenziale quata analisi andrò fatta e bisognerà trarne le conseguenze.
Secondo te chi ha visto per 30 anni i propri colleghi andare in pensione a 55 anni con solo 15 di contribuzione, si deve vergognare se dopo 40 anni di lavoro spera di uscire ad un’età che gli consenta almeno di sperare di avere una decina di anni per fare i……come dici tu che non ho capito cosa intendi ma non deve essere nulla di lusinghero.
Mi dispiace per te ma io non mi vergono affatto.
Credo che la vergogna si riferisca alla effettivamente vergognosa situazione in cui versa una buona parte del sistema creditizio italiano e NON certo per colpa dei bancari, casomai dei più incapaci (e in alcuni casi, criminali) dei banchieri. Abbiamo provato a riassumere la situazione (per l’ennesima volta, in realtà), nella risposta precedente.
La soluzione, che piaccia o meno, non è nella teorizzazione del proprio “autodefinito” diritto contro il “presunto” privilegio del proprio vicino (che ovviamente intepreterà le cose in modo assolutamente uguale e contrario). La soluzione è nel costruire un sistema equo, sostenibile e valido per tutte le persone coinvolte. Questo è il compito – affascinante e difficilissimo – di un Sindacato serio: una cosa molto diversa dalla comune prassi populista così in voga che promette tutto e il contrario di tutto a tutti, aumentando il suo consenso senza risolvere un solo problema, anzi incancrenendoli a dismisura.
L’ERBA DEL VICINO è SEMPRE PIù VERDE. HO UNA ZIA CHE HA LAVORATO 12 ANNI E PRENDE LA PENSIONE DA 30 ANNI MA NON POSSO PENSARE CHE UN PRIVILEGIO DEGLI ANNI ’80 POSSA CONDIZIONARE LA REALTà DI OGGI E POSSA PRETENDERE CHISSà COSA, OGGI.
FATTI ELEGGERE DEPUTATA LAVORI 5 ANNI E HAI LA PENSIONE PER IL RESTO DELLA TUA VITA.
LA VERGOGNA SI RIFERISCE A CHI VUOLE SFRUTTARE IL SISTEMA DEGLI ESODI PER FARSI ANNULLARE ANNI DI LAVORO (A CASA CON LA PENSIONE 5/7 ANI PRIMA) A SCAPITO DI CHI VERSERà I SOLDINI AL FONDO DI SOLIDARIETà PER COPRIRNE I COSTI. SCANDALOSO.
PERCHE’ GLI ESODI SERVONO PER SALVARE I POSTI DI LAVORO, NON COME PRIVILEGIO (SCONTO DI ANNI DI LAVORO) QUINDI SE CIO’ è NECESSARIO, NECESSARIO, NECESSARIO.
(MA SIAMO NEL PAESE DELLE BANANE IN ITALIA LE BANCHE CON UTILI – NON IN CRISI- USANO IL SISTEMA EX LEGE 223, MI PARE, PER TAGLIARE I POSTI DI LAVORO). SCANDALOSO.
W IL LAVORO, NON CHI TRAMA PER TAGLIARLO. (e non si vergogna di CAPIRNE il suo valore).
VORREI RINGRAZIARE IL COLLEGA CHE RISPONDE PER IL SINDACATO, COMPETENTE E COMPITO. GRAZIE PER AVERE DETTO MEGLIO DI ME LA RABBIA DI CHI SBAGLIA E NON PAGA MAI, MA PAGANO I LAVORATORI. QUESTI MANAGER A FIOR DI MILIONI DI EURO NON PAGANO MAI.
MA NON DOVREBBERO ESSERE FERMATI PRIMA CHE FANNO GUAI? MA NON ESISTE LA PRIGIONE, COME IN ALTRE NAZIONI?
I LAVORATORI DI EX VENETE STANNO PAGANDO UN GIORNO DI STIPENDIO AL MESE AL FONDO DEI LICENZIAMENTI.
NON BASTA. DEVE INTERVENIRE LO STATO IL BUCO è GROSSO. AL BALLO PARTECIPA MISTER INTESA: QUASI QUASI MI LIBERO DI 3000 PERSONE RISPARMIO X E L’ANNO PROSSIMO MI FACCIO L’HAPPY FRINGE BENEFIT.
I SINDACALISTI, MOLTI IN ETà DA ESODO, PARTECIPANO AL BALLO. MA LO FANNO PER I COLLEGHI CHE PROTESTANO CHE NON POSSONO AVERE L’ESODO A 7 ANNI.
MA DAI 5 ANNI A CASA CON LA PENSIONE DI 43 ANNI, MA 5 ANNI PRIMA. MADAI NON SEI CONTENTO?
CHI PAGA IL CONTO?
MR INTESA CI METTE QUANTO?
PANTALONE (QUELLO DI CHI RIMANE A LAVORARE) PAGA IL NOSTRO PANTALONE.
MA TI TUTELANO IL POSTO DI LAVORO.
NON è COSI’ L’AZIENDA A DIFFERENZA DI UNICREDIT HA DICHIARATO NEL PIANO INDUSTRIALE CHE NON HA ESUBERI.
RINUNCEREMO ANCHE NOI AD UN GIORNO DI STIPENDIO AL MESE PER FARE CONTENTI I PARTECIPANTI AL BALLO
Paga lo stato. Con 1,3 miliardi. Quello è il Pantalone che paga. Per questo ci sono i vincoli su chi esce e chi no, vincoli che non sono aggirabili. I lavoratori di intesa NON sborsano un €. Intesa “paga” dovendo rimettere in sesto due banche decotte. Sarà un processo lungo e durante questo processo i lavoratori delle ex banche Venete non vedranno applicate le loro normative integrative, in cambio di non aver perso il posto di lavoro: al ripristino della redditività contratteremo il loro ingresso nel sistema contrattuale Intesa. E’ il 90° commento. Quanto riassunto nelle poche righe qui sopra è già stato tutto dettagliato e documentato per pagine e pagine più volte.
Ribadire posizioni preconcette e – soprattutto – prive di ogni fondamento non serve a nessuno.
Buonasera. Non riesco a capire dai vari blog, se i lavoratori precoci che possono usufruire della c.d. Quota 41, devono PER FORZA appartenere alle categorie dei c.d. “lavori usuranti” e quindi un bancario non rientra in questa tipologia di agevolazione. Grazie
Per questa questione tecnica devi consultare il nostro esperto in materia previdenziale giampiero.raccagni@intesasanpaolo.com