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Con gli accordi di secondo livello siglati il 3 agosto 2018, sono stati aggiunti vari tasselli alle misure previste a vantaggio delle persone con disabilità e con malattie gravi o croniche che lavorano nel Gruppo Intesa Sanpaolo.

In particolare, sono state aumentate le giornate a disposizione di Banca del Tempo, è stata ridefinita e allargata la nozione di patologia grave che dà diritto ai permessi retribuiti per visite mediche ed è stata avviata una politica di inserimento lavorativo di persone con disabilità (ve ne avevamo dato conto qui).

Il gruppo di lavoro “inSUPERabili”, composto da colleghi di varie Funzioni (dalle Risorse Umane a Salute e Sicurezza) ha coinvolto anche lavoratori e lavoratrici con disabilità producendo delle proposte concrete, discusse poi nel Comitato Welfare con le Organizzazioni Sindacali, come il processo di accompagnamento del ritorno al lavoro dei lungo assenti (per motivi diversi, dalla malattia all’infortunio alla maternità ) indicato come RTW – return to work o Back at Work (ve ne avevamo parlato qui).

Con il corso di alta formazione “Disability Manager e mondo del lavoro”, effettuato in collaborazione con l’Universita Cattolica di Milano e rivolto in particolare a colleghi e colleghe che si occupano di gestione delle risorse umane, ma aperto a tutti i componenti del gruppo “inSUPERabili” e a rappresentanti sindacali, si è poi avviata l’introduzione in azienda di una nuova figura professionale, il Disability Manager. Figura necessaria per facilitare l’inclusione e il coinvolgimento attivo non solo delle persone con disabilità certificata, ma di tutti coloro che, per malattie croniche dovute all’avanzamento dell’età o a eventi traumatici, sperimentano una diminuzione della capacità lavorativa. La figura nasce nel diritto anglosassone negli anni ‘80 ed arriva nella nostra legislazione solo con il D.Lgs. 151/2015, che demanda ad un decreto attuativo (mai emanato) l’istituzione di un responsabile dell’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro. Ad oggi la legge ha regolamentato la materia solo nel settore pubblico, per le amministrazioni con oltre 200 dipendenti.

L’Azienda ha comunicato che in ogni Direzione Regionale verrà identificato un collega “esperto” sulla materia, che avrà il compito di coadiuvare i Gestori delle Risorse Umane (se ne era incominciato a parlare qui).

Gestire la disabilità in azienda significa conciliare il diritto delle persone con disabilità e dei malati cronici con l’esigenza di efficienza dell’impresa, attraverso un processo attivo (che agisca sulla relazione fra persona e ambiente in senso lato) e progressivo (che si adegui nel tempo alle mutate condizioni e esigenze).
Se lo scopo è favorire e aumentare la partecipazione delle persone all’ambiente di lavoro, lo strumento non può che essere la modifica di approcci superati, basati sullo stereotipo del disabile-inabile o meno abile, per passare all’idea che la persona non si caratterizza per la sua disabilità ma ha invece una serie di abilità da valorizzare.
Si tratta dunque, come ci ricorda la convenzione ONU del 2006 sui Diritti delle Persone con disabilità, di adottare “accomodamenti ragionevoli” volti a modificare l’organizzazione aziendale (sia come ambiente fisico che relazionale) partendo dalla conoscenza del quadro generale (caratteristiche, bisogni, ambiente di vita oltre che di lavoro, risorse personali) per attuare un progetto che deve necessariamente essere prospettico e non fermarsi ad un singolo episodico intervento.

Un accomodamento ragionevole serve innanzitutto a far sì che l’ambiente di lavoro faciliti e non ostacoli le persone, adottando un approccio bio-psico-sociale, collettivo e inclusivo e non semplicemente “medico-istituzionale”, che tradizionalmente si è focalizzato solo sulla possibilità di usufruire di permessi e quindi sulla non-prestazione e sulla non-abilità, trascurando le abilità e il funzionamento.
Vedere la disabilità come una qualsiasi condizioni di salute (permanente o temporanea) in un contesto sfavorevole consente di ribaltare la logica di ogni azione, intervenendo sull’ambiente e trasformandolo in “facilitatore” anziché barriera.

Il benessere organizzativo che potrebbe conseguire alla realizzazione effettiva di questo grande cambiamento di approccio e mentalità, andrebbe a vantaggio di tutta la popolazione aziendale e aumenterebbe partecipazione attiva e produttività.
Potrebbe evitare la perdita di fiducia dei singoli derivante dal senso di abbandono e riattivare la consapevolezza nelle proprie capacità, evitando situazioni che isolano coloro che per motivi diversi si sentono esclusi dal processo lavorativo.

Come FISAC/CGIL abbiamo sempre rivendicato l’inserimento nella contrattazione di Gruppo di previsioni in favore dei colleghi con disabilità o colpiti da malattie gravi o croniche. Riteniamo pertanto che questi progetti, avviati dall’Azienda insieme alle Organizzazioni Sindacali, abbiano un forte valore sociale che va fatto vivere a tutti i livelli.

Per questo motivo come FISAC/CGIL continueremo a rivendicare adeguati investimenti e che l’iniziativa venga accompagnata da un impegno culturale forte nei confronti di tutto il personale, anche in termini di formazione, informazione e di coinvolgimento.

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