Pubblicato il – 24 Marzo 2017


Megale: sulle banche serviva meno incertezza e più progetto paese

L’ex premier Renzi, intervenendo sul sole 24 ore di due settimane fa, ha riaperto la discussione sul sistema bancario, evidenziando i meriti dei suoi mille giorni di governo, all’insegna dei decreti varati a partire dalle Popolari e invocando il ruolo della parola trasparenza, come un concetto irrinunciabile. Certo che trasparenza chiama trasparenza ed è un concetto irrinunciabile, ma da solo non basta e anche in tempi di populismo non può bastare in quanto, come dimostrano gli otto anni di crisi che abbiamo alle spalle, i problemi dell’economia e della finanza hanno la testa dura e hanno bisogno di soluzioni e non di slogan. Mi attendevo una riflessione più attenta e meditata nella consapevolezza che la “questione bancaria italiana” negli ultimi anni ha assunto una centralità al punto da farla diventare, come direbbe Gramsci, la vera Questione Nazionale. Penso che, oltre l’apparenza, il tratto dominante del “renzismo bancario” sia stata l’incertezza e l’assenza di un progetto Paese. Sicuramente la presenza del Ministro Padoan è stata utile a creare maggiore equilibrio nelle soluzioni.

Pressioni inusuali da Unione europea e Bce, la protesta dei piccoli risparmiatori

Non è casuale che il Paese si è trovato contemporaneamente con pressioni inusuali dall’ Unione Europea e dalla BCE in contemporanea alla nascita di moti di protesta da parte di piccoli risparmiatori fortunatamente limitati nello spazio geografico e nel tempo

Per questa ragione attribuire il valore alla riforma delle Popolari come la medicina capace di risolvere tutti i mali, significa non aver valutato con il giusto  rigore   i seguenti aspetti:

  • La questione centrale per risanare e rilanciare una parte del sistema bancario si chiama sofferenze e incagli (npl); passano dai 90 mld del 2011 ai 205 mld lordi del 2016 pari a 84 mld netti.
  • Il sistema bancario nel suo complesso, ormai da anni, evidenzia una differenziazione al suo interno tanto da presentare nel rapporto con un modello di banca al servizio del Paese, realtà come Banca Intesa, che rappresenta un primato in Europa, Unicredit che lancia la ricapitalizzazione di 13 miliardi e la realizza e Monte Paschi che non passa gli stress-test e oggi è in attesa della ricapitalizzazione con l’intervento pubblico col titolo sospeso in borsa. Si passa da un sistema omogeneo ad una differenziazione molto forte tra crisi, innovazione digitale e qualità e quantità dei ricavi futuri.
  • Si è dichiarato di voler ridurre il numero di banchieri, così come più recentemente si è dichiarato di voler ridurre il numero di politici, il tutto all’insegna di slogan e parole d’ordine la cui efficacia è stata pari a zero. Sfido a dimostrare il numero “di poltrone” ridotte dei banchieri, mentre è stato chiaro il numero di posti di lavoro bancari persi in questi anni, pari a circa 48.000 dal 2008 ad oggi.

Drammatiche mancanze del sistema bancario. Rubinetti del credito chiusi

In verità il sistema bancario italiano, tra omogeneità e differenze, ha presentato due drammatiche mancanze; mancanze che non hanno consentito di affrontare la crisi di ritorno sull’economia reale, che non ha precedenti nella storia repubblicana.

  • Una crisi che in un sistema produttivo banco-centrico ha mandato in fumo 1/5 della produzione industriale e 1,5 mln di posti di lavoro, portando la disoccupazione giovanile al 40%;
  • La mancanza di investimenti produttivi con i rubinetti del credito chiusi, il rischio credit-crunch nel complesso di 353 mld in meno ad investimenti dal 2011 al 2015. Chiudono imprese, scompaiono distretti produttivi, i finanziamenti diventano prima crediti problematici poi sofferenze vere e proprie con una parte delle banche che non soddisfano i requisiti prudenziali.

Per questo ho messo l’accento su ciò che è mancato al governo Renzi e cioè:

  • una strategia in grado di affrontare la questione bancaria nei rapporti con l’Europa e nella consapevolezza che senza credito non ci sono investimenti e senza investimento non c’è lavoro;
  • il rispetto della Costituzione, nella piena tutela del risparmio che mi ha portato, in tempi non sospetti, a porre il problema della Vigilanza, a partire da Consob.

Mentre l’Italia vede passare la bad-bank spagnola del 2011 per 52 mld e vede realizzare interventi pubblici per salvare le banche per oltre 1.000 mld, da noi l’unico intervento rispetto ai 240 mld tedeschi sono rappresentati dal prestito a MPS dei Monti bond per 4 mld, restituiti con costosi interessi che , con maggior lungimiranza, il governo avrebbe fatto bene a convertire in azioni. Qui sta la beffa di chi ha fatto tutti gli interventi prima del varo del bail-in nel 2013, lasciando il nostro Paese nel pieno della crisi bancaria.

Per questo quando l’ex Premier fa riferimento ai mille giorni del suo Governo e ai problemi del credito e delle banche è utile cogliere l’invito a rifletterci sopra. Va riconosciuto che a differenza dei Governi Monti e Letta il suo Governo entra nelle vicende bancarie affrontandole con ben tre decreti. Il limite di questa operazione non sta solo nel mancato coinvolgimento delle parti sociali, o nei problemi creati con una parte dei risparmiatori ma nella mancanza di visione, di un progetto d’insieme che attraverso la questione bancaria affrontasse la questione centrale per il paese: la crescita, gli investimenti, la buona occupazione.

Il governo Renzi non ha affrontato questioni centrali: crescita, investimenti, buona occupazione

La bad-bank serviva e non è stata fatta; il bail-in è stato approvato senza essere capito; sul Monte dei Paschi di Siena ci si è attardati così come nell’istituire una commissione parlamentare d’inchiesta che facesse chiarezza sullo stato delle banche nazionali; il decreto “salva banche” pur apprezzato ha comunque prodotto problemi con parte dei risparmiatori; i banchieri (manager) sono sempre gli stessi mentre i bancari (lavoratori delle banche) sono sempre meno.

Nel 2013 e poi nel 2015 avanzo insieme a Susanna Camusso un pacchetto di proposte: “Manifesto per una buona finanza”. Lì c’erano già molti degli interventi che negli anni a seguire sarebbero stati necessari, a partire dal divieto di vendere subordinati a famiglie e pensionati o la black-list dei prodotti derivati.

E’ vero che la bad-bank, unico risolutivo intervento di sistema, l’avrebbe dovuta fare il Governo Monti. La mancanza di coraggio degli anni successivi al Governo dei tecnici è, però, altrettanto colpevole. Il problema dello stock di NPL è ancora lì. Questa è la ragione per la quale al Forum di settembre della Fisac Cgil avanzammo la proposta di un intervento pubblico anche con Cassa Deposito e Prestiti che liberasse il sistema di almeno la metà delle sofferenze lorde pari a circa 50 miliardi netti.

A questo fine potrebbero essere utilizzate parte delle risorse rimanenti dai 20 miliardi previsti dall’ultimo decreto una volta fatte le operazioni di ricapitalizzazione precauzionale prima in MPS e poi nelle due Banche Venete

In questi anni non abbiamo saputo far rispettare l’interesse nazionale rispetto agli interessi di altri paesi europei. Le nostre banche sono state oggetto di attacchi speculativi e controlli per i crediti deteriorati mentre le banche tedesche erano e sono ancora piene di derivati.

Tanto per essere chiari vediamo alcuni numeri.

Italia, principali due banche del paese (Unicredit e Intesa San Paolo) crediti dubbi netti in percentuale su crediti verso clienti a giugno 2016: 7% e 8,4%; derivati su patrimonio netto tangibile: 1,7% e 2%.

Germania, principali due banche del paese (Commerzbank e Deutsche Bank) crediti dubbi netti in percentuale su crediti verso clienti a giugno 2016: 1,3% e 0,8%; derivati su patrimonio netto tangibile: 6,4% e 10,9%.

Serviva già prima degli stress test una proposta italiana per far pesare di più il pericolo derivati.

L’Europa è un grande progetto. Sarà una realtà positiva per gli europei se sapremo farla vivere determinando equità tra paesi e cittadini. In Europa servivano alleanze per difendere la nostra economia e l’interesse generale. Ci siamo fermati alle polemiche sterili, improduttive. Abbiamo recepito il bail in senza una vera discussione in Parlamento, senza ci fosse consapevolezza. Si sono fidati.

Era necessaria una discussione nel paese sulla questione bancaria. Fermo restando che non fa parte della nostra cultura l’immagine che la corruzione riguarda i banchieri in quanto tali, è evidente che c’è stato chi ha lavorato per il proprio tornaconto personale e degli amici e chi ha lavorato all’insegna dell’impresa come valore sociale e bene comune. I primi vanno chiamati a pagare per intero. Chi ha tradito i lavoratori e i risparmiatori deve essere punito e deve restituire il maltolto. La magistratura farà il suo corso, bene comunque che si avvii una commissione Parlamentare d’inchiesta sulle banche.

Vale la pena ricordare che hanno avuto a che fare con la magistratura l’ex Presidente dell’ABI e AD del MPS Mussari, Bianconi di Banca Marche con altri, Ponzellini di BPM, Ligresti e famiglia di FONSAI ecc.

In verità l’avevamo già chiesta nel 2013 per fare chiarezza sul tema derivati. L’anno precedente lo Stato aveva dovuto fare i conti con uscite straordinarie proprio per un derivato mal gestito di 2,5 miliardi.

E’ stato un errore non decidere l’intervento pubblico in MPS quando era il momento e cioè a gennaio 2013. Noi come CGIL lo avevamo proposto proprio in quel periodo con l’obiettivo di risanare, rilanciare e poi, eventualmente, rimettere sul mercato il terzo Gruppo Bancario al servizio del Paese.  Non averlo fatto è costato circa 10 miliardi di aumenti di capitali bruciati. In ogni caso a luglio del 2016 era doveroso intervenire. Non averlo fatto, e avere agito per la rimozione dell’AD Fabrizio Viola in raccordo a costi di commissione esorbitanti a favore di J P Morgan ha evidenziato ancora una volta che mentre si affermava la necessità che “la politica stesse fuori dalle banche” la stessa politica stava decidendo il destino della Banca. A farne le spese sono stati i lavoratori, i territori, gli azionisti risparmiatori.

E’ stato un gravissimo errore  da parte di Renzi aver legato il che fare su MPS all’esito del referendum del 4 dicembre. Questo ha prodotto una situazione di incertezza inducendo una parte, della clientela fortunatamente limitata, alla fuga verso altre banche. Questa situazione ci ha spinto a chiedere con insistenza come categoria unitariamente e poi con l’intervento congiunto dei tre segretari Generali di CGIL CISL e UIL  l’intervento del Governo tramite decreto che arriva alla vigilia di Natale.

Va detto anche che l’atteggiamento grillino è stato irresponsabile e figlio di un populismo basato sull’ignoranza. Infatti, se  il voto contrario dei 5 stelle sull’intervento a sostegno della ricapitalizzazione precauzionale pubblica in MPS  fosse stato maggioranza avrebbe determinato una vera catastrofe con il rischio chiusura, licenziamento dei lavoratori effetto panico in 5 milioni di clienti. Una vera e propria crisi sistemica che avrebbe trascinato tutto il Paese. Ma chi parla alla pancia raramente usa la testa e anche per questo è doveroso che la politica con la P maiuscola riconquisti il senso della razionalità e della competenza che insieme alla passione costruiscono la condizione per avere una buona politica e buoni politici.

D’altrocanto proprio martedi 21 marzo, giorno in cui il Ministro Padoan ha incontrato a Bruxelless la commissaria dell’UE Dott.ssa Vestager ho chiesto che il Governo dica un NO netto e chiaro all’eventuale richiesta della commissione europea di ulteriori tagli occupazionali in Monte Paschi dove l’intervento pubblico tramite la ricapitalizzazione precauzionale è gia stato deciso e nelle due banche venete dove dovrà essere  ancora concordato con l’Europa.

Deve essere chiaro che il Governo deve fare la sua parte fino in fondo con un NO deciso a qualsiasi ricatto sull’occupazione sbloccando l’intervento pubblico già deciso.

Per questo ognuno si assuma le proprie responsabilità e il Governo non si limiti a individuare in Bruxelless. Il nemico su cui scaricare le responsabilità delle decisioni ma, abbia la forza di contrastarle se sbagliate portando a casa il risultato di difendere e lanciare il terzo gruppo bancario del paese, evitare drammi sociali sull’occupazione e risolvere la prospettiva delle due banche Venete evitando il rischio di risoluzione.

Il Bail-in non può essere sperimentato sulla pelle dei risparmiatori e dei lavoratori italiani.

Ne avevamo chiesto la sospensione, si sta procedendo col bording-sharing per evitare rischi sistemici ma, se qualcuno immagina di procedere con tagli inaccettabili all’occupazione e ricorrendo ai licenziamenti troverà sulla sa strada l’opposizione di tutto il sindacato con la mobilitazione e lo sciopero.

In conclusione può far comodo credere che il problema del credito si chiamava “Popolari”, ma come si può vedere, quella era una parte e neanche quella principale e risolutiva a partire proprio dai problemi con l’Europa e con la BCE. Proviamo ad immaginare Camera e Senato, che a differenza di quando hanno approvato il bailin con scarsa cognizione di causa sulle conseguenze della loro scelta, si riunissero oggi in seduta congiunta a discutere con gli Stati Generali dell’economia e della finanza come affrontare i temi della “questione bancaria” in un quadro di riforme organiche e di prospettiva, cioè pensando al futuro del Paese. Sarebbe una bella novità, di sicuro migliore di chi si accontenta del fantastico mondo degli slogan, delle chat e dei tweet.

Il Segretario Generale della FISAC/CGIL
Agostino Megale