Pubblicato il – 5 Ottobre 2018


Torino: le questioni, più che i questionari…

Da qualche mese non compare più nella nostra posta la solita e-mail che rimanda al barometro di filiale. Vi ricordate?

Quel momento di “onesta” riflessione sul nostro vissuto quotidiano in merito a clima di filiale, celebrazione del “metodo”, rapporto con le altre filiere e riconoscimento per il supporto dei capi diretti. Quando il direttore veniva a sensibilizzarci sul vantaggio di mostrare il faccino verde all’occhio vigile dell’azienda. Alcuni si sedevano vicino ai gestori e suggerivano persino le risposte. Era il boom di “insieme per la crescita”, con le riunioni alla lavagna e i colloqui one to one… Quel progetto che spogliava i direttori degli ultimi elementi manageriali, come era stato fatto, in precedenza, per le facoltà deliberative. In effetti era diventato un po’obsoleto, non ci faceva neanche più arrabbiare. Verde se apprezzavamo la persona del direttore o se volevamo fare bella figura e rosso per la guerra. Interrogati mensilmente, ma nella totale impossibilità di esprimere realmente il nostro pensiero. Non ci stupiamo più di queste mascherine, ci dispiace soltanto che l’azienda spenda tempo e soldi per il teatro dell’assurdo.

Superato quindi il “barometro”, in questi giorni ha invece fatto la sua comparsa un questionario sulla “Mission di Intesa Sanpaolo”, quello che in Filiale è stato ribattezzato il Questionario di Messina.

Il periodo per la compilazione sarebbe dovuto finire oggi, ma è stato prorogato al 9 ottobre: che non siano arrivate tutte queste risposte? Com’è, come non è, dopo essere stati chiamati a rispondere mille volte alle medesime questioni, sempre uguali e sempre a ricordarci quanto fossero distanti e fastidiose le menti partorienti il progetto “insieme per la crescita”, ci è quasi sembrato di cogliere un qualche segnale di attenzione almeno rispetto ai dubbi che onestamente ci stiamo ponendo. Se dobiamo fidarci del comunicato stampa uscito in occasione dell’approvazione del piano industriale, le risposte sono dogmaticamente note a tutti, ma evidentemente l’indagine mira ad esplorare le sensazioni diffuse in base al percepito dei colleghi.

Insomma diciamocelo: il “Questionario di Messina” riesce un po’ a sorprenderci.

Le reazioni da parte dei colleghi sono diverse: chi lo cestina senza neanche aprire il testo, chi vuole proprio dire la sua, chi è sicuro che tanto non servirà a nulla, se non a prestare il fianco all’ennesima manipolazione statistica. Ci possiamo finalmente esprimere sui fattori di rallentamento, sulle difficoltà di realizzazione…meraviglia!!!! E quando mai ci capita? Forse durante una lync con il capo? I termini in elenco sono proprio quelli che riassumono i nostri dubbi; si parla persino di pressioni commerciali… Non è che stanno mettendo alla prova il nostro spirito polemico per poi rivolgerci quello sguardo compassionevole che si riserva solo a chi, poveretto, non capisce?

Alla domanda sui valori determinanti del Piano d’Impresa, non possiamo negare l’eccellenza, la sostenibilità, ma… coraggio, centralità delle persone, rispetto delle specificità…quanto sforzo ci occorre per individuarne anche solo dei brandelliPuntiamo sulle soluzioni e sugli strumenti a disposizione: possiamo contare sulla digitalizzazione? Innovazione di prodotto? La coesione del top management? Forse. Difficile invece parlare di senso di appartenenza, di professionalità, di determinazione, di responsabilità, che sono comunque voci in elenco.

Sulla formazione e sullo smart working è apprezzabile che vengano poste delle domande sull’effettiva efficacia, al di là del vanto aziendale di offrire un mare di ore di insegnamenti lautamente pagati. Vogliamo finalmente farne un motivo di orgoglio, oppure pensiamo che iconizzare le pagine del corso IVASS mentre serviamo i clienti o girare pagine virtuali sul telefonino mentre siamo in macchina nel percorso casa-lavoro possa presentarci al mondo come ottime risorse votate al dovere?

Come sempre i questionari si articolano sulla base di enunciati e la bellezza della nostra lingua consiste anche nelle sfumature che ci offre, al di là dei tecnicismi. Ancora una volta la sensazione di un totale scollamento tra dichiarazioni di valore e una realtà grottesca, con la consapevolezza che verremo rimproverati di renderla tale, unicamente per nostra incapacità. 

Noi ci auguriamo che abbiate risposto mettendo in evidenza ciò di cui ci sentiamo maggiormente la mancanza. Non perché non ci rendiamo conto degli obiettivi che dobbiamo raggiungere, ma perché vogliamo farlo senza ipocrisie e mortificazioni. In filiale il barometro vero è scandito dai risultati commerciali, in sede dal giorni destinati alla chiusura di un progetto. Sono strumenti con cui possiamo confrontarci se riconosciamo il nostro quotidiano nei termini corretti di dignità e professionalità, senza prestare il fianco agli illusori stereotipi di merito, ma agendo perché ciò che ci rende delle buone risorse possa essere riconosciuto, a partire da noi.

Da sempre non accordiamo particolare simpatia ai questionari aziendali, ma pur consapevoli della difficoltà di individuarne un’utilità, al di là del compiacimento dell’azienda in termini di coinvolgimento delle proprie risorse, vorremmo che fosse un’occasione per riflettere veramente sulla possibilità che ognuno di noi può avere nell’assumere un ruolo di attiva partecipazione a quei valori così ben declinati. Cogliamo l’occasione di evidenziare cosa ostacola il nostro successo, la nostra crescita e costringiamo l’azienda a fare ammenda delle incongruenze contro cui ogni giorno ci scontriamo.

La soluzione non sta certo nel subire le decisioni strategiche di riduzione del personale o di pressione sui dati, sta nel dichiararsi consapevoli del nostro dovere, ma anche della nostra volontà di guadagnare quell’eccellenza che è la stessa azienda a richiederci.

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