image_pdfimage_print

“Abbiamo difeso la democrazia e la Costituzione ogni volta, e continueremo ogni volta a difenderla”. È con queste parole che il segretario generale uscente Agostino Megale ha aperto oggi (lunedì 26 novembre) il nono Congresso della Fisac Cgil, che si tiene a Roma (presso il Centro congressi Frentani) fino a giovedì 29. Un esordio in cui Megale ha definito l’identità e i valori della Cgil. “Siamo al fianco dei giornalisti che in questi giorni hanno manifestato contro le liste di proscrizione e per la libertà di stampa”, ha spiegato: “Siamo al fianco del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, perché consideriamo un valore quel modello di integrazione. Siamo antifascisti, perché abbiamo chiaro che l’Italia non ha bisogno di ministri che richiamano l’odio e la paura. Siamo per una politica dell’inclusione, perché sappiamo che è anche una politica per la legalità e la sicurezza. E siamo contro una cultura maschile e maschilista: la prima rivoluzione da fare è quella ‘culturale’ di noi uomini, perché debbono essere gli uomini il fattore di maggiore garanzia e tutela contro la violenza sulle donne”.

La parola cardine della relazione di Megale è stata “ricostruttori”. In questi anni “le diseguaglianze sono cresciute: il 10 per cento della popolazione possiede il 47 per cento delle ricchezze, i più abbienti hanno visto crescere i loro patrimoni, la povertà è aumentata”. Il lavoro è “più solo di prima, ed è una solitudine che si avverte, che produce incertezze e paure, che nega speranze alle nuove generazioni”. Cgil e Fisac debbono allora essere “ricostruttori del mondo del lavoro, perché non deve essere un discrimine il tipo di contratto. È necessario rappresentare tutto il mondo del lavoro e tutti i lavoratori: da qui, ad esempio, il lancio della Carta dei diritti, la battaglia contro il Jobs Act oppure, venendo al nostro settore, la campagna per dare diritti e tutele alle partite Iva che abbiamo ottenuto con gli accordi in Intesa San Paolo e alle Generali”.

Ma occorre anche essere “ricostruttori di un’idea di sinistra”. Per Megale nazionalismo e sovranismo riportano “a idee terribili che abbiamo già vissuto. Ma non sarebbe la prima volta nella storia che la stanchezza della democrazia parlamentare, il venir meno della fiducia nelle forze politiche tradizionali, l’affacciarsi di un linguaggio che parla alla ‘pancia’, porti non a rafforzare democrazia e libertà, bensì a scambiare maggiore sicurezza con minore libertà”. In Italia, dunque, siamo in presenza di “due anime populiste che, pur diverse in partenza, hanno imboccato assieme la strada di una destra più forte e nazionalista, ancorché vincente anche a causa dell’assenza della sinistra”.

Un articolato passaggio della relazione è stato dedicato all’Europa. Per Megale occorre “cambiare la politica dell’Unione, rilanciare l’euro, volere più Europa, rivedere il fiscal compact”. Il segretario generale uscente avverte l’esigenza, di fronte alla tensione tra Italia e Unione, che il sindacato metta in campo una proposta alternativa a quella del governo. “Il deficit si può anche sforare, ma per fare crescita e investimenti: nella manovra finanziaria del governo la crescita non c’è e gli investimenti sono minimi”, ha spiegato: “Manca un progetto, un’idea di Paese, manca un piano di investimenti pubblici e privati. Bisognerebbe fare un grande sforzo nazionale, chiamando a raccolta la Cassa depositi e prestiti, le banche, le assicurazioni, tracciando un grande programma che metta in sicurezza l’Italia”. Servirebbe quindi una manovra ben diversa, a partire da “una tassa sulle grandi ricchezze: ci sono 430 mila famiglie con quattro milioni di euro tra reddito e patrimonio”, da cui ricavare “circa 50 miliardi da utilizzare per ridurre le tasse sul lavoro e per attuare un piano straordinario per l’occupazione giovanile”.

L’impegno della Cgil, prima delle elezioni di fine maggio, deve essere orientato a costruire “una grande alleanza contro i populismi e i sovranismi, ma anche contro i rigoristi”. Da qui la proposta della chiamata a raccolta “nel mese di marzo, concluso il nostro congresso, di economisti, intellettuali, uomini e donne del sapere, in una grande assemblea nazionale che metta al centro l’obiettivo di un’Europa più forte e migliore. Per contrastare chi vuole uscire dall’Europa, occorre che l’Europa sia dei lavoratori e dei cittadini, che sia l’Europa della crescita e dello sviluppo”.

La relazione del segretario generale uscente della Fisac è poi entrata nel merito delle questioni del settore. La grande sfida è quella dell’innovazione e della rivoluzione digitale. “Non abbiamo paura, siamo pronti a governare il cambiamento e il suo impatto. Vecchi lavori stanno scomparendo, il perimetro delle attività manuali si restringe, ma nel contempo nascono nuove attività e nuovi servizi”, ha affermato. Momento fondante di questa sfida dell’innovazione sarà il rinnovo del contratto, la cui vigenza scade a fine dicembre. Il nuovo ccnl dovrà “aumentare il salario oltre l’inflazione e redistribuire parte della produttività”, difendere l’occupazione “anche attraverso un piano giovani che superi il salario d’ingresso”, rafforzare l’area contrattuale sia prevedendo “il rientro di lavorazioni dal commercio e da altri contratti” sia realizzando “la sezione speciale di diritti e tutele per le partite Iva”.

Soprattutto sarà necessario “predisporre una cabina di regia sull’innovazione digitale, capace di valutare l’impatto del cambiamento sulla quantità e qualità dell’occupazione, sui lavori che scompaiono e le nuove attività professionali, sulla diffusione dello smart working e sulla riorganizzazione degli orari di lavoro”. Il nuovo contratto, infine, dovrà contenere “tre no: alle deroghe contrattuali, perché ciò che è scritto poi va applicato sempre e comunque; alle esternalizzazioni, che vanno contrastate in modo netto; alla differenziazione dei salari minimi, perché i minimi contrattuali debbono essere uguali da Milano a Palermo”.

Le conclusioni della puntuale e applaudita relazione sono state tutte nel segno dell’unità sindacale. “Se in questi anni il sindacato non fosse stato unito e compatto non avremmo mai superato la crisi più dura della nostra storia”, ha sottolineato Megale, aggiungendo che sono ormai “maturi i tempi per lasciarsi alle spalle le divisioni e aprire una nuova grande stagione del sindacato unitario”. Un progetto costituente che porti a un “nuovo patto unitario”, che prenda le mosse dal “mettere insieme i quattro istituti di ricerca e di studi, dall’aprire una scuola di formazione unitaria per dirigenti e quadri, dal collegare il vasto lavoro internazionale”.

Dall’unità sindacale con le altre organizzazioni è passato, infine, all’unità della Cgil. “Pensiamo che Susanna Camusso abbia fatto bene ad avanzare la proposta di Maurizio Landini come futuro segretario generale”, ha detto: “Siamo certi che nel contesto dato, in questi anni di populismi e sovranismi, avere la capacità e la condizione di ripartire dalle radici popolari, come Landini può fare, sarà un valore, superando le divisioni e realizzando un patto unitario sul progetto e sulla squadra”. In conclusione Agostino Megale ha indicato, tra gli applausi dell’assemblea, l’attuale segretario nazionale Giuliano Calcagni come futuro segretario generale della Fisac.

http://www.rassegna.it/articoli/pronti-alla-sfida-dellinnovazione-digitale

 

X