L’azienda ci ha informato oggi che intende sperimentare la chiusura di Filiali /uffici in specifiche giornate. L’azienda ha dichiarato che la verifica fatta con ABI consente di procedere in tal senso alla luce della circolarità della nostra operatività, con eccezione delle Tesorerie che non possono chiudere.
Banca dei Territori sta ipotizzando la chiusura di un certo numero di Filiali e di alcuni uffici centrali nelle giornate del 30/4, 2/11, 24/12 e 31/12 e nella settimana dal 13 al 17/8.
Le altre Divisioni stanno valutando l’iniziativa per il 2019.
L’elenco delle filiali interessate verrà comunicato in tempo per l’avvio della procedura di pianificazione delle ferie.
L’azienda ci ha comunicato che per queste giornate di chiusura i colleghi saranno considerati in ferie.
Abbiamo richiesto che in alternativa alle ferie obbligatorie venga considerata la disponibilità dei colleghi a lavorare anche presso altri punti operativi.
….oltre al fatto che le ferie sarebbero obbligatorie, come verrebbero conteggiate? I semifestivi consistono in 5 ore lavorative anziché 7 e 1/2 ma “valgono” 1 giorno di ferie….
da quel che si capisce, la volontà del lavoratore non ha alcun rilievo
Come in fabbrica…
non è un bel segnale.(ps sono giornate pre-festive con orario ridotto e gg ferie intero?)
Un ulteriore passo indietro nella normativa. Come ex Sanpaolo ne ho subìti così tanti, anche con importanti risvolti economici, che veramente mi trovo a pensare che il Sindacato sia all’angolo, costretto a difendersi senza essere in grado di controbattere nemmeno alle proposte più indecenti!!!
E questa lo è: dopo la diminuzione dei giorni di ExFestività per solidarietà, adesso anche le ferie quando decide la Banca.
Non mi stupisco che venga anche scardinata l’unica cosa che avevamo ancora: siamo passati dai momenti in cui chi voleva poteva non farle, a doverle azzerare obbligatoriamente entro l’anno (e non entrò 18 mesi come un tempo previsto). Ora addirittura 8 giorni vengono decisi a tavolino dall’azienda… e cosa facciamo? Nulla? Anche questo va bene cosi?
Se imputeranno ferie intere e non ad ore nei gg. semifestivi, avranno anche un possibile incremento della prestazione lavorativa.
domanda….le giornate del 14/8 – 24/12 e 31/12 sono considerate giornata intera? Escludendo chi avrebbe comunque preso ferie?
CONSIDERATO CHE NEL PERIODO ESTIVO IL MESE PIU’ RICHIESTO PER LE FERIE E’ QUELLO DI LUGLIO, NON SI POTREBBE INSERIRE IN QUESTA TRATTATIVA ANCHE LA RICHIESTA DI MODIFICARE L’ORARIO DELLE FILIALI FLEXI A PARTIRE DALL’INIZIO DI TALE MESE E NON DALLA TERZA SETTIMANA COME AVVIENE ORA?
Perfetto: ci tolgono 3 mezze giornate in cambio di 3 giorni di ferie intere. progrediamo sempre di piu’.
Innanzitutto occorre precisare che la legge (art 2109 del Codice civile) pone in capo al datore di lavoro la definizione dei periodi di ferie dei propri dipendenti, concetto ripreso anche dall’art. 55 del nostro CCNL.
Detto questo e posto che si tratta di una sperimentazione i cui contorni sono ancora da definire, abbiamo comunque subito chiesto che i colleghi che per qualche motivo non fossero interessati a fruire delle ferie durante le chiusure dei singoli punti operativi, possano chiedere di svolgere le loro mansioni presso un punto operativo limitrofo aperto. Siamo in attesa della risposta aziendale.
Quel che invece è certo fin da subito è che l’azienda può disporre la chiusura dei propri punti operativi, ma deve lasciare al singolo lavoratore la scelta di come imputare la copertura di tali periodi. E’ quindi fuor di dubbio che ciascun lavoratore potrà coprire le giornate di Semifistevità con Banca ore, o PCR o Ferie a ore a sua scelta, insomma in qualsiasi modo preferisca senza dover usare giornate intere di ferie per giustificare mezze giornate di chiusura.
…..a me non sembra così male poter fare quattro ponti senza doverli contendere con il colleghi e chiudere nella settimana di ferragosto … sempre appunto che si possa scegliere come coprire le giornate …..
POTRESTI COPRIRE LE GIORNATE CON UN PAIL OPPURE UNA COPERTINA DI LANA
Dovendo proprio scegliere, tra un secchio e una copertina per coprirmi prendo la seconda.
Se effettivamente avremo la possibilità di inserire i giustificativi idonei (pcr, ferie ad ore, ecc) e se sarà data un’alternativa a chi non vuole farlo, viste le giornate in elenco, per me va bene: non dovrò mercanteggiare per avere qualche ponte.
D’accordo con te!!
ottime precisazioni, grazie.
non capisco se quanto scritto in fondo al messaggio – la libertà di lavoratrice o lavoratore di “scegliere” la causale di assenza – sia un elemento comunicato dall’azienda (e scritto nelle loro proposte, verba volant scripta manent), o una proposta della delegazione trattante. Diciamo che l’esperienza non ci spinge certo ad essere ottimisti rispetto alla volontà dell’azienda di tutelare la nostra libertà di azione e di agire nel senso a noi più favorevole.
Non è un elemento comunicato dall’azienda e non è una richiesta sindacale. E’ un fatto. Come abbiamo spiegato sopra le azienda hanno la facoltà di definire la propria organizzazione, compresi i periodi di chiusura. Ma non hanno la facoltà di definire i modi e le forme mediante i quali i lavoratori devono “coprire” la propria assenza durante tali periodi. Tale scelta è in capo al lavoratore, che può scegliere secondo le sue esigenza tra le varie forme di assenza retribuita per lui disponibili.
Complimenti al “difensore d’ufficio”. Il sindacato che trova le motivazioni – benchè legittime – a difesa dell’azienda. Penso che sarebbe opportuno riflettere sulle continue azioni che l’azienda pone in essere per il contenimento dei costi fissi, come quello del personale. Tra le tante, si prospettano cessioni di ramo d’azienda. Il futuro che ci aspetta appare incerto, vorrei un sindacato meno consenziente e conciliante, credo di esprimere il pensiero di molti. Mi viene in mente la figura di Luciano Lama. Ma quelli erano altri tempi!
Qui nessuno cerca giustificazioni per nessuno, tantomeno per l’azienda.
Semplicemente si fa quello che abbiamo sempre fatto, ovvero scrivere gli accordi al meglio di come siamo capaci e poi pretenderne con il massimo della fermezza il rispetto.
Nello specifico, la norma del nostro CCNL sulle ferie è tale almeno dal 1986: non siamo riusciti a recuperare i testi dei Contratti precedenti, ma siamo più che sicuri che fosse già scritta in questo modo. E ne siamo sicuri perché l’articolo 2109 del Codice Civile da cui discedono gli articoli dei Contratti che disciplinano le ferie è di molto anteriore al 1986. Peraltro, per un fortuito caso, il 1986 è anche l’ultimo anno in cui Lama fu il Segretario Generale della CGIL. Quindi non stiamo facendo assolutamente nulla di diverso che richiamare oggi le fonti di quei tempi migliori. Anche perché, se per cambiare un Contratto “basta” la contrattazione, per cambiare una Legge ci vuole un Referendum e non è che la storia dei Referendum di argomento sindacale sia un susseguirsi di successi, a incominciare da quello del 1985 (in piena epoca Lama) sulla scala mobile.
Detto questo, il collocamento delle ferie dei propri dipendenti in un periodo piuttosto che in un altro non è ovviamente in alcun modo una riduzione di costo. Casomai, e solo nel caso in cui l’azienda ci “azzecchi” nelle sue riorganizzazioni, potrebbe determinare un aumento dei ricavi. E da sempre il Sindacato non è certo contrario all’incremento dei ricavi, casomai appunto al taglio dei costi.
Detto anche questo, resta quello che abbiamo già ribadito più sopra. Ovvero che ci siamo attivati da subito per intervenire in modo che le ricadute di una riorganizzazione aziendale ligittima e non negoziabile non impattino (o impattino nel minor modo possibile) sui colleghi.
Tutto cio’ che è stato conquistato in questi anni non conta piu’ nulla e cio’ che è triste è che il lavoratore non conta piu’ nulla e ancora piu’ triste è che il sindacato tace!!
A mali estremi, estremi rimedi.
Più la Banca ci mette i bastoni in mezzo alle ruote e più ci sta portando ad incattivirci e fare in modo che, le ferie che decide la banca, ce le facciamo di malattia.
Non vi sembra che incominciano a romperci un po troppo il c…..o???
Mi sembra che già da qualche anno ci hanno costretti, con le loro subdole manovre, ad abbassare la testa e a sottostare a tutto quello che decidono.
Mi sembra che i Sindacati, non è che si impegnano così molto a mantenere quei pochi diritti rimasti. A me sembra che sono più bravi a trovare l’articolo del contratto che giustifica il giusto comportamento e il diritto della banca che quello dei lavoratori. Vorrei ricordare a chi è bravo a scrivere quello che l’articolo prevede che, se i Sindacati ci avessero tutelati meglio, questi articoli e questi diritti, la banca non li avrebbe. Cosa c’è rimasto ancora da accordare alla Banca?????
Buongiorno a tutti.
Sapete già se per le filiale interessate saranno “imposti” tutti gli otto giorni di chiusura o se saranno distribuiti sulle in filiali?
Grazie.
Come pomposamente citato dal nuovo piano aziendale 2018/2021 il personale e’ al centro di tutto, anche delle ferie obbligatorie per chiusura imposta d’ufficio della filiale. Ovviamente in questi periodi, per quelle che rimarranno aperte, il lavoro si moltiplichera’, ma questo sicuramente non interessa a nessuno dei nostri capi. Probabilmente, dopo oltre 30 anni di lavoro, non sono piu’ in grado di restare al passo con i cambiamenti che si susseguono vorticosamente nella nostra azienda, che ormai mi appare come una realta’ lontana anni luce dal mio modo di pensare e di lavorare.
la diminuzione dei servizi al pubblico spingera’ i clienti verso le banche on line a costo zero.
protesta alla Gandhi come per la perdita del marchio banco napoli: e se tutti i dipendenti BN spostassero i conti in una banca on line concorrente perché non ha più il c/c nella sua banca storica?
Come abbiamo precisato più sopra la questione dell’attribuzione delle ferie (quantità e distribuzione) la definisce PRIMA la Legge e solo DOPO e in subordine i Contratti e gli Accordi. E questo perché la questione del riposo (settimanale e annuale) del lavoratore dipendente è considerata di un tale interesse sociale da essere definita nelle fonti primarie del diritto (appunto la legge) sottraendola a possibili eccessive discrezionalità. Eccessiva discrezionalità che deriverebbe dal fatto che la Legge garantisce all’imprenditore il diritto di organizzare in autonomia e secondo le proprie esigenze la sua azienda, nei limiti appunto imposti dalla Legge in tema ad esempio di concorrenza, oppure – di maggior interesse per noi – di tutela del lavoro rispetto a distribuzione di orari, turni, riposi. I richiami che abbiamo fatto a Legge e Contratto sono quindi fondamentali perché definiscono in modo certo i reciproci limiti, diritti e doveri. Le regole non vengono “cercate” per giustificare quanto avviene, ma vengono scritte (e rispettate) per regolare in forma mediata interessi diversi e talvolta confliggenti che altrimenti genererebbero un continuo arbitrio nel tentativo di sopraffarsi reciprocamente.
Ribadito tutto quanto sopra ne deriva che in banca – fin’ora – non si era mai posto il problema di chiudere dei punti operativi durante giorni deputati al servizio alla clientela, ma che tuttavia variare tale tipologia di servizio rientra nelle possibilità garantite dalle Legge di ri-organizazione delle impresa. E la precedente apertura senza chiusure è l’unica ragione per cui – fin’ora – non ci siamo dovuti confrontare con la questione delle ferie assegnate d’ufficio (cosa assolutamente ordinaria e consolidata per le azienda che hanno da sempre dei periodi di chiusura). Peraltro tale situazione da sempre ci ha costretti a confrontarci con il corrispondente problema contrario: la lotta per accaparrarsi le ferie nei ponti (per gli interessati, ovviamente). Perché – nei fatti – occorre comunque tenere conto che qualsiasi distribuzione di orario (con o senza chiusure fisse con la conseguente necessità di stabilire o meno turni di ferie spesso controversi e fonte di mercanteggiamenti e disagi nei periodi più “caldi”) produce aspetti soggettivamente positivi così come soggettivamente negativi.
La fase è sperimentale e – dal nostro punto di vista – dovremo usarla per verificare contenti (gli affezionati ai ponti e/o alla settimana di ferragosto) e scontenti (i disinteressati per i ponti e/o alla settimana di ferragosto) di questa nuova distribuzione del sevizio al pubblico e capire come massimizzarne i benefici e ridurne i disagi. In entrambi i casi per i lavoratori, perché rispetto ai clienti si suppone che se ne occupi l’azienda…
Magari sarò ‘tarda’ ma a me piacerebbe capire i motivi che hanno spinto un’azienda, che fra un po’ si metterà a vendere pure le fusaie, a fare una scelta del genere… più che i tecnicismi del come coprire ‘ste benedette ferie coatte… che c’entrano qualcosa gli azionisti? Cordialità.
Diciamo innanzitutto che come “coprire” le giornate di chiusura non è esattamente un tecnicismo. Se devo utilizzare le ferie a giornata intera, per coprire le tre festività devo usare tre giornate; se posso usare (ad esempio) le ferie a ore, per coprire le tre semifestività mi bastano due giornate: è una bella differenza.
Fatta questa premessa, la sperimentazione di chiusure mirate di punti operativi in determinati momenti non è altro che una delle forme attraverso le quali l’azienda cercherà di dare concretezza a quanto affermato nel Piano Industriale, in paricolare in riferimento alla nuova “Strategia distributiva“, (pag. 10 del comunicato stampa) che prevede 1.100 chiusure definitive di filiali, ma anche ripensamenti degli orari di apertura e molto altro. L’ampliamento della gamma di prodotti da vendere (ammesso che ci sia davvero) non presuppone necessariamente un’estensione (comunque la si intenda) della rete di vendita fisica, soprattutto se la si intende come le filiali tradizionali e non (ad esempio) i nuovi “sportelli retail Banca 5” che altro non sono se non la rete di tabaccherie. Quando il piano industriale ripropone ossessivamente la centralità delle digitalizzazione e del rafforzamento dei canali di vendita “alternativi” fa riferimento proprio a questi aspetti.
e chi deve pagare una cambiale come fa? e chi deve chiedere un carnet di assegni? (parlo dei clienti). Queste sono operazioni non effettuabili in circolarità. Senza contare che ogni operazione di addebito o prelievo in circolarità va soggetta ad autorizzazione, con aggravio dell’operatività delle filiali riceventi, che non hanno neanche un rafforzamento di organico….
Ci sono questioni che sono di competenza e disponibilità dell’azienda e cose che sono di competenza e disponibilità dei lavoratori dipendenti. Molto spesso (anche per ragioni assolutamente nobili, prima fra tutte il senso di responsabilità) i lavoratori tendono a sovrapporre e confondere i due ruoli. Ma questa sovrapposizione non solo è sbagliata, ma proprio impossibile. L’azienda ha il dititto (e il dovere) di organizzarsi al meglio (secondo il suo giudizio) e il lavoratore dipendente ha il dovere (e il diritto) di assolvere al meglio delle sue possibilità i compiti che gli sono affidati nei limiti delle istruzioni che gli sono assegnate e nell’ambito dell’organizzazione definita. Questo incrocio di diritti/doveri non è una reciproca concessione negoziabile, ma è il fondamento della distinzione tra imprenditore e lavoratore, con tutte le distinzioni di responsabilità, prerogative e limiti che vi sono connessi.
Tutto quanto sopra per evitare che l’unica risposta possibile al tuo quesito assolutamente sensato, ovvero: “I problemi di rapporto con la clientela sono questioni di cui deve occuparsi l’azienda”, non venga male interpretato.
Peraltro le ricadute sui lavoratori delle (ri)organizzazioni aziendali sono invece di strettissima pertinenza sindacale e in questo senso siamo intervenuti subito per chiarire che l’azienda non poteva scegliere le modalità di copertura individuale e per chiedere che fosse lasciata una facoltà in capo al lavoratore sull’usufruire della chiusura piuttosto che prestare la sua opera in un’altra filiale.
Inoltre, ovviamente, abbiamo chiesto di avere al più presto la lista delle filiali su cui verrà avviata la sperimentazione per valutarne ampiezza e caratteristiche, in modo da poter seguire davvero le ricadute di questa nuova organizzazione e intevenire con i correttivi che si rendessero necessari.
Quindi, se le Filiali possono chiudere nei giorni “feriali”, non dovranno nemmeno più assicurare il servizio in caso di assemblea sindacale…e tutti i lavoratori potranno andare in assemblea…o la chiusura delle filiali è unilaterale a seconda delle convenienze aziendali e il giorno dell’assemblea non potranno chiudere mai?
La questione della partecipazione di tutti i colleghi alle assemblee senza vincoli è fondamentale e al centro della nostra agenda. Purtroppo però non è direttamente collegata alla vicenda della chiusura di alcuni punti operativi, presumibilmente (presumibilmente perchè si tratta di una sperimentazione ancora da avviare e di cui non è ancora nota l’ampiezza) pochi, mentre la maggioranza dei punti operativi rimarrà aperta secondo i normali orari garantendo così la continuità del servizio. La soluzione (fondamentale e necessaria) per garantire la partecipazione alle assemblee deve quindi essere cercata per altre vie.
Ho appreso da notizie pubblicate sui siti di almeno 2 sindacati che il 14/2 c’è stato un incontro Azienda-Sindacati nell’ambito del quale sono state date ulteriori indicazioni sui tempi di uscita per le finestre dell’esodo nel 2018: in aprile per chi ha la finestra INPS entro ottobre 2020 ed entro il 31/12 per quelli con finestra al 31.12.2021. Ho sempre letto tutte le news con relativi commenti che voi puntualmente pubblicate però, se non sbaglio, non ho letto nulla su questo incontro. Se anche la Fisac ha partecipato all’incontro vi chiederei ulteriori chiarimenti in particolare su chi esce a giugno ed a dicembre 2018. Grazie
La Fisac era assolutamente presente e ha dato conto delle dichiarazioni aziendali peraltro antecedenti all’incontro a cui tu fai riferimento, nei commenti a a due news precedenti, fin dal 9 febbraio.
Per comodità riportiamo qui di seguito la nota una terza volta…
L’azienda si è preso l’impegno di comunicare nominativamente entro febbraio la propria finestra di uscita a tutti coloro che usciranno ad aprile e giugno 2018.
Peraltro, tendenzialmente, l’azienda farà uscire entro il 2018 tutti colotro che maturano il proprio diritto entro il 2021, entro il 2019 coloro che maturano il diritto nel 2022 ed entro iil 2020 coloro che maturano il diritto nel 2023.
Quindi, per chi matura il diritto nel 2021, se non viene contattato (via email o direttamente?) entro febbraio automaticamente può ritenersi in uscita al 31/12/18? Se altre sigle hanno fatto riferimento ad ottobre 2020 per l’uscita di fine aprile, è possibile sapere quella di fine giugno all’incirca fino a che mese di maturazione diritto del 2021 ricomprende? Grazie
Come abbiamo avuto modo di riprendere in più occasioni, da accordo le uscite devono essere comunicate ai colleghi almeno 30 giorni prima. Tutte le altre questioni sono “impegni” aziendali, che però non hanno valore “legale”. A peggiorare questa situazione, c’è il fatto che diverse funzioni aziendali forniscono diverse “indiscrezioni” a soggetti diversi in tempi diversi. Quello che possiamo dire noi, ad ora, è che l’azienda non ha ritirato ufficialmente l’impegno a comunicare ai colleghi interessati entro febbraio le uscite di aprile e giugno, ma che stante il ritardo con sui sta fornendo le liste alle Direzioni Decentrate del Personale è presumibile che la comunicazione ai colleghi slitti in avanti nella prima decade di marzo.
Sulla base di quanto sopra, qualsiasi previsione è decisamente azzardata. Diciamo che le “indicrezioni” aziendali di inizio febbraio prendevano a riferimento per le uscite di giugno i mesi primaverili del 2021.
In realtà altri sindacati dicono che entro febbraio verranno comunicate SOLO le uscite di Aprile e quindi non è chiaro quando verranno comunicate quelle di giugno.
Inoltre, a coloro che hanno la 104 art. 3 comma 3 per sé, quando verrà data comunicazione?
Ed a quelli che hanno la 104 “meno grave” ed hanno richiesto espressamente una prelazione come da “lettera a latere”, quando verrà data comunicazione?
Grazie.
Sulle querstione “indiscrezioni” e “altri dicono” abbiamo risposto qui sopra. Al momento non sappiamo nulla di più di quanto sopra. Appena avremo news attendibili le comunicheremo, come al solito.
Siccome io, pare, dovrei maturare il diritto nel novembre 2023 ed essendo l’ultima uscita per gli esodanti stabilita nel 30/06/2020 voglio ben sperare che la mia uscita mi venga comunicata entro il 2020 (sic!). Ma, data la mia maturazione sul filo di lana del 31/12/2023, ciò che più mi preoccupa è sapere se la mia domanda è stata (o sarà) accolta e quando (e se) tale posizione mi verrà fornita. Avete spiegato che l’ufficialità può essere fornita solo dall’INPS e che i tempi per stabilire il possesso dei requisiti potrebbero avere una durata, in mesi, non quantificabile. Spero che il complicato computo non tenga occupati gli uffici INPS oltre il 30/06/2020 poichè io, come tutti, ho una sola vita da vivere, da spendere e, per quanto possibile, da pianificare e che gli anni che mi rimangono da vivere, come quelli di tutti, diventano ogni giorno che passa più preziosi e meritevoli di rispetto e dignità.
Il tuo interesse (e di tutti quelli nella tua situazione) è tanto chiaro quanto legittimo. Peraltro, per una volta, coincide conquello aziendale, che (sia pure per motivi diversi) ha le stesse necessità di programmazione e pianificazione. Tutti i soggetti in campo sono impegnati a sollecitare l’INPS.
Scusate,
ma la discussione qui non è relativa ai giorni di chiusura obbligatori?
In filiale iniziano a chiedere le ferie per i ponti di primavera, quando sapremo quali saranno le filiali interessate?
Grazie.
La discussione verte sull’avvio della sperimentazione di giorni di chiusura fissi per alcune filiali. Abbiamo sollecitato l’azienda affinchè comunichi al più presto – e comunque prima della predisposizionedei piani ferie – quali filiali saranno coinvolte nella sperimetnazione. Abbiamo anche detto all’azienda che avremmo invitato i colleghi a non sottostare a richieste di pianificazione coatta prima della pubblicazione dell’elenco dell’elenco delel filiali coinvolte. Naturalmente – per contro – qualora i colleghi abbiano l’esigenza di programmare fin da subito le loro assenze, tali richieste devono essere prese in considerazione secondo gli usi pregressi, partendo dall’ipotesi che la filiale non sia coinvolta nella sperimentazione, con l’ovvia riprogrammazione qualora invece lo fosse.
Art. 1.
1. Ai fini della presente legge sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione.
Ho riportato volutamente parte dell’art.1 della Legge 146/90. Delle due l’una: o le banche erogano servizi pubblici essenziali, e perciò sono all’interno di quella legge, e pertanto non possono chiudere alcun punto operativo, senza che si configuri una interruzione di pubblico servizio, o non li erogano “più” e, pertanto, sono da considerarsi al di fuori di quella legge e, come conseguenza, i lavoratori tornano ad appropriarsi di un loro diritto individuale, che è solo dato in esercizio al sindacato. Ahimè, anche all’attuale.
Ho riportato volutamente parte dell’art.1 della Legge 146/90. Delle due l’una: o le banche erogano servizi pubblici essenziali, e perciò sono all’interno di quella legge, e pertanto non possono chiudere alcun punto operativo, senza che si configuri una interruzione di pubblico servizio, o non li erogano “più” e, pertanto, sono da considerarsi al di fuori di quella legge e, come conseguenza, i lavoratori tornano ad appropriarsi di un loro diritto individuale, che è solo dato in esercizio al sindacato. Ahimè, anche all’attuale.
Mi scuso per la ripetizione nel mio commento, frutto del “copia-incolla”. Lo stesso che ha tolto il richiamo al punto “c” dell’art. 1 legge 146/90 (che vado ad allegare), dal quale si è fatto derivare, a torto o a ragione, l’inserimento dell’attività bancaria nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, con le conseguenti limitazioni all’esercizio del diritto di sciopero.
“c) per quanto concerne l’assistenza e la previdenza sociale, nonché gli emolumenti retributivi o comunque quanto economicamente necessario al soddisfacimento delle necessità della vita attinenti a diritti della persona costituzionalmente garantiti: i servizi di erogazione dei relativi importi anche effettuati a mezzo del servizio bancario;”
Per fortuna (davvero e senza alcuna ironia) che cosa è servizio pubblico, che cosa servizio al pubblico (che è cosa diversa), con quali modalità (tutti i punti, solo alcuni, come influisca la “circolarità”) debba essere erogato l’uno e/o l’altro è sottratto alla valutazione dell’azienda, dell’ABI, delle Organizzazioni sindacali, del “pubblico” medesimo ma viene definito dalla legge che si occuperà della vicenda con “parere autentico”.
Quanto al diritto di sciopero esso è costituzionalmente garantito individualmente in capo al lavoratore (nei modi e nelle forme previste dalla legge) e certamente non è in alcun modo (mai lo è stato e mai lo sarà) nella disponibilità delle Organizzazioni sindacali che sono solo uno tra i tanti soggetti che possono decidere di proclamarlo.
Invece il diritto a convocare un’assemblea sindacale (come dice la parola stessa) è necessariamente un diritto in capo all’Organizazione sindacale. Ovviamente anche questo diritto è vincolato dalla legge al rispetto di determinate norme. Ad esempio (ma non solo) quelle collegate all’eventuale servizio pubblico (o al pubblico).
Ne consegue che – in uno stato di diritto – la legge eserciterà le sue prerogative, senza rischi per le insufficienze (vere o presunte) di questo o quel soggetto coinvolto.
Ne consegue che il ricorso “alle legge” nelle dovute forme, ovviamente nel caso di chiusura di un punto operativo, può essere fatto da qualunque cittadino si intenda leso nel suo “diritto” e, altrettanto ovviamente, anche da una R.S.A. che abbia a cuore le esigenze improcrastinabili di chiunque si rivolga al “servizio bancario”, secondo quanto previsto dalla norma summenzionata. Siete d”accordo?
Ovviamente qualunque cittadino può rivolgersi “alla legge” per chiedere la tutela dei propri diritti soggettivi e il ripristino di questi qualora vengano violati. Nel caso di specie è invece molto dubbio che ci sia un diritto soggettivo dell’RSA (nell’esercizio del suo ruolo sindascale e non in quanto cittadino) nel definire forme e modi del “servizio bancario”. “Avere a cuore” non definisce un diritto e nemmeno un interesse legalmente rilevante. Gli interessi in questo caso sono in capo al prestatore del servizio (inteso come Ente e/o Azienda, non come dipendente di questi soggetti) e al fruitore del servizio (inteso come cittadino). La legge, al di sopra di entrambi, deve definire un giusto equilibrio tra i diversi interessi di questi due soggetti.
Il Sindacato non è titolato a chiedere la definizione del servizio, ma è titolato a conoscere le forme e i modi di erogazione di questo servizio (individuati come descritto sopra), giacchè da questa definizione discendono le forme e i modi entro i quali si possono esercitare diritti individuali (ad esempio quello di sciopero) e diritti collettivi (ad esempio l’indizione di assemblee sindacali in orario di lavoro).
Non appena saremo messi in grado di conoscere le “chiusure” dei punti operativi, nel caso in cui ciò riguardasse anche le filiali della zona di pertinenza della mia RSA, mi impegno a presentare un esposto alla locale Procura della Repubblica, con l’obiettivo di far verificare da parte di un “terzo imparziale e a ciò titolato”, se le considerazioni da me sopra esposte siano o meno fondate. In presenza di un sindacato che troppo spesso appare “più realista del re”, sarebbe bene che le RSA ricominciassero a riappropriarsi di prerogative che sono loro proprie, sulla base di leggi e di normative tuttora presenti ed efficaci, per contrastare un accentramento totale delle relazioni sindacali, del tutto funzionale alle esigenze aziendali, meno a quelle delle lavoratrici e dei lavoratori; come sin troppo evidente.
Quindi, nel concreto, nulla di più e nulla di meno di quanto avevamo scritto qualche giorno fa.
Esatto, nulla di più e nulla di meno. Dal momento che si parlano linquaggi diversi, frutto di modi diversi di intendere ruolo, compiti e funzioni del sindacato, è del tutto inutile anche solo tentare di capirsi. Il sindacato dei “blog” è altra cosa da quello che sono stato abituato a conoscere e a praticare; ve lo lascio molto volentieri.
Un saluto manzoniano, gradito magari alla parte milanese di voi, che pure non ne condividerà il merito:
“il suo sistema consisteva principalmente nello scansare tutti i contrasti, e nel cedere in quelli che non poteva scansare”…Don Abbondio, appunto.
Oh sì. Certo però potrebbe essere utile ricordare anche quello che Manzoni pensava del suo personaggio, quando questi era sempre pronto a cercare i torti altrui, visto che “la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro“.